3° VALICO AV MILANO-GENOVA, MAZZETTE AD ALTA VELOCITA', IN 30 AL PROCESSO PER CORRUZIONE

3° VALICO AV MILANO-GENOVA, MAZZETTE AD ALTA VELOCITA', IN 30 AL PROCESSO PER CORRUZIONE

3° VALICO AV MILANO-GENOVA, MAZZETTE AD ALTA VELOCITA’, IN 30 AL PROCESSO PER CORRUZIONE

di Raffaele Vescera*
Ripetutamente bocciata per via della sua dannosa e dispendiosa inutilità, la linea ad alta velocità Milano-Genova è paradigma esemplare delle disastrose conseguenze del “sistema nord”. E’ stata voluta, a detta dei suoi stessi sponsor, per soddisfare gli ingordi appetiti degli “imprenditori” tagliati fuori dalla Torino-Milano-Napoli, ed è stata più volta respinta dai competenti organismi di controllo ambientale, per via del suo devastante impatto. Ecco in sintesi quattro valide ragioni per non farla.
 
- E’ inutile, poiché nella stessa tratta esistono già cinque linee ferroviarie tutte sottoutilizzate, operano al 30% appena della loro reale capacità, mentre sulla Voltri–Alessandria transitano pochissimi treni merci, a fronte di una potenzialità, come dichiarato da suo tempo da Moretti di 504.000 teu all’anno. Le linee esistenti vedono il decremento giornaliero del trasporto passeggeri e merci, anziché l’illusoria crescita prospettata dal progetto.
 
- E’ dispendiosa, perché degli iniziali 138 chilometri previsti, al costo di 1,5 miliardi di euro, ne sono rimasti solo 54, che costeranno oltre 5 miliardi di euro, una montagna di soldi, sotterrati sotto i monti liguri, per risparmiare appena 15 minuti di percorrenza tra Milano e Genova. Soldi dei cittadini che non saranno mai recuperati poiché tutte le analisi finanziarie dell’opera dicono che lavorerà in perdita dal primo all’ultimo giorno.
 
- E’ truffaldina, poiché il primo Consorzio Collegamenti Integrati Veloci, detto Cociv, composto da imprenditori quali Ligresti, Gavio, Ferruzzi, appena dopo la sua nascita è finito tra arresti e sucidi dei suoi principali membri, coinvolti nell’inchiesta di Tangentopoli.
 
- E' dannosa, giacché occorrono enormi discariche dove sversare i milioni di metri cubi di smarino, ovvero di detriti caratterizzati dalla presenza di amianto, originati dagli scavi. IA meno che non decidano di far prendere ai rifiuti tossici la via del Sud, in accordo con le mafie, come già troppe volte hanno fatto. Inoltre, saranno centinaia le famiglie danneggiate, tra quelle si trovano sul percorso che saranno sfrattate dalle loro case, con un ridicolo risarcimento di 40.000 euro, e quelle che vi resteranno ai margini, che subiranno le conseguenze per i secoli a venire.
 
Purtuttavia, in spregio ad ogni logica, hanno deciso di eseguire i lavori. Perché lo fanno? Leggete quanto scrive il Fatto Quotidiano:

Terzo Valico: gare truccate e mazzette ad alta velocità, La linea Genova-Milano Il manager Pietro Salini, l’ex Ragioniere dello Stato Monorchio e il grand commis dei lavori pubblici Incalza rinviati a giudizio per turbativa. Ma il processo rischia la solita prescrizione.

di Marco Grasso

L’idea di affidarsi ai campioni nazionali dell’i ndustria è stato il sogno della stagione in cui tramontava la Prima Repubblica: la convinzione era che i privati, con leggi speciali, potessero fare meglio, in modo più rapido, onesto ed efficiente del settore pubblico, travolto da Tangentopoli. Anche quella strada però ha portato alle aule di giustizia. Con la Cassazione che ha ribadito che il general contract o r, sostituito allo Stato, risponde degli stessi reati, corruzione e turbativa d’asta, come incaricato di pubblico servizio. Per l’accusa, dietro all’alta velocità c’è un campionario ricorrente in altre vicende italiane: appalti truccati, mazzette, serate con escort, commistioni di alto livello tra politica e imprenditoria, costi gonfiati.
Ieri il giudice per le indagini preliminari di Genova, Filippo Pisaturo, ha rinviato a giudizio oltre trenta persone. Il nome più noto è Pietro Salini: amministratore delegato di We Build, uomo della ricostruzione del Ponte di Genova e a capo del consorzio che vorrebbe costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. Prosciolto per uno dei capi di imputazione perché prescritto, è stato mandato a giudizio per vari episodi di turbativa d’asta sui tunnel del Terzo Valico ferroviario, la nuova linea fra Genova e Milano, arrivati a costare oltre 6 miliardi. Insieme a lui sono indagati, fra gli altri: il grand commis dei lavori pubblici italiani Ercole Incalza ; l’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio e il figlio Gian Domenico (quest’ultimo indagato anche per corruzione); Michele Longo, ex presidente di Cociv, general contractor del Terzo Valico, partecipato a maggioranza da Impregilo; l’imprenditore Stefano Perotti; Duccio Astaldi, patron di Condotte d’ac qua Spa. Assolto Alberto Rubegni, presidente del Gruppo Gavio.

LA BUSTA BIANCA “INGEGNE’, ECCO LA PAGHETTA”
Il rischio concreto, però, è che la montagna partorisca il proverbiale topolino. L’operazione Amalgama, una delle indagini più dirompenti sulla pubblica amministrazione degli ultimi anni, si sviluppa fra il 2014 e il 2016. Ci lavorano tre Procure: Firenze indaga sui rapporti degli imprenditori impegnati nell’alta velocità in Toscana con i palazzi romani; Roma su corruzione e il sospetto di infiltrazioni di uomini considerati vicini ai clan; Genova sul filone del Terzo Valico. La parte toscana viene spezzettata e in parte archiviata. Il procedimento romano è da tre anni in un limbo di competenza territoriale: se lo sono passati il tribunale della capitale, Terni, Bolzano e Alessandria. L’unico filone che va a dibattimento è quello ligure. Ma andrà poco lontano: sempre che non arrivino assoluzioni nel merito, le turbative si prescrivono fra la metà 2021 e l’inizio del 2022.
Nella loro richiesta, i pm Paola Calleri eFrancesco Cardona Albini descrivono così il sistema Terzo Valico: “Le gare venivano aggiudicate non applicando o comunque distorcendo le norme del codice degli appalti per favorire una determinata impresa a discapito di altre, per ragioni a volte correlate a patti corruttivi, oppure per motivi di interesse aziendale inerenti i rapporti con i due azionisti di riferimento del Cociv, Salini Impregilo Spa e Condotte d’acqua”. Alcune tangenti vengono filmate in diretta dalla Guardia di finanza. È il 16 dicembre 2014. L’imprenditore campano Antonio Giugliano entra nell’ufficio dell’ex direttore generale Cociv Pietro Marcheselli. Ha una busta bianca in mano. In silenzio fa il segno del numero dieci con la mano: “Ingegnè, ecco la paghetta”. Di paghette, per gli investigatori, ne giravano parecchie. A volte erano definite “mozzarelle ”. Per quei fatti hanno patteggiato in quattro, tutte pene sotto a i due anni: Marcheselli, il suo collega Maurizio Dionisi, Giugliano e il suo collaboratore. Un altro funzionario del consorzio, Giulio Frulloni, accusato di essere stato corrotto con escort, è deceduto a inchiesta in corso.

LE LITI FAMILIARI “QUESTI SI SONO PRESI A BOTTIGLIATE”
Le gare erano costantemente truccate, per la Procura, anche dove non sono state trovate tracce di corruzione. Alle imprese amiche venivano svelate le offerte in anticipo, escamotage che consentiva di offrire anche “50 euro in meno”.“i vertici del Cociv – scrivo i pm – facevano riferimento a Pietro Salini, per ogni decisione di rilievo attinente a Cociv”. Nell’inchiesta va in scena anche una sorta di dinasty familiare. A Pietro Salini (assistito dall’avvocato Grazia Volo) viene contestata l’esclusione del cugino Claudio (poi morto in un incidente stradale), e della sua azienda, la Salc. “Si sono presi a bottigliate, lui non lo vuole vedere”, commentano alcuni funzionari Cociv. “Mi raccomando in tutti i modi di evitare che possa avere qualcosa”, dice lo stesso Salini a Longo, in una delle intercettazioni. “Non ci sono state turbative d’asta, tuttalpiù si trattava di scelte sull ’affidabilità – c omm en ta l’avvocato Giuseppe Zanalda, che assiste molti degli indagati col figlio Emanuele – siamo soddisfatti dell’assoluzione dell’in ge gn er e Rubegni (difeso con Fabio Fossati), il giudice ha sconfessato i pm”.

IL FILONE ROMANO RIMBALZATO TRA PM
L’inchiesta di Genova ha acquisito in parte anche degli altri fascicoli. Quello romano, da cui
emerge la figura di Domenico Gallo, imprenditore calabrese nei cui confronti la Procura di Reggio Calabria ha eseguito un sequestro antimafia da 200 milioni di euro. Sarebbe stato socio occulto di un funzionario, Giampiero De Michelis , anche lui indagato: “Abbiamo creato un mostro”, dicono di lui i funzionari di Cociv. C’è infine la vicenda che coinvolte Giampiero Monorchio, figlio di Andrea, ex ragioniere dello Stato. In una delle telefonate registrate è l’ex potentissimo capo dei Consiglio dei lavori pubblici Angelo Balduccia chiedere a Ercole Incalza di “dare una mano al figlio di Monorchio”. Monorchio junior e l’imprenditore Stefano Perotti sono accusati di aver corrotto con “due oggetti di valore” l’ex presidente di Cociv Michele Longo.
Ed è Gallo ad aver battezzato l’indagine. Intercettato dai carabinieri del Ros spiega: “Tra la stazione appaltante e chi fa i lavori deve crearsi l’amalgama, sennò non si va avanti”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/16/terzo-valico-gare-truccate-e-mazzette-ad-alta-velocita/6134686/
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