di Daniele Quarta
Ci risiamo, ecco che spunta l’ennesimo demiurgo che tutto vede, conosce e sentenzia. In questo momento critico di emergenza pandemica, in cui la sanità italiana mostra il suo affanno, il nostro personaggio non può trattenersi, è troppo, deve dirla proprio tutta: sono le Regioni del Sud ad essere inefficienti nel gestire il servizio sanitario.
Siamo nella trasmissione “di MARTEDÌ” di Giovanni Floris, andata in onda il 17 marzo 2020. Ospite di turno è l’eurodeputato Carlo Calenda, che riferendosi al servizio sanitario esprime quanto segue: “Credo che ci sia un problema grave derivante dal fatto che la sanità, essendo completamente regionalizzata, ci sono Regioni che sono state meno efficienti e credo anche, per dirla proprio tutta, che quando le Regioni, in particolare quelle del Sud, sono meno efficienti, lo Stato si deve sostituire alle Regioni per gestirla direttamente.”
Eccolo dunque il problema della sanità italiana: è l’efficienza delle Regioni. Detto poi da uno che ha posto in testa della sua strategia politica riformatrice l’“efficientismo burocratico”, tanto da ripeterlo ad ogni trasmissione televisiva come un mantra, c’è da crederli! Ma attenzione, bisogna specificare meglio. Non è un problema di trasferimenti di competenze alle Regioni, avvenuta con la modifica al Titolo V del 2001. No, il problema secondo il Calenda-pensiero è che questo trasferimento può essere fatto solo alle Regioni efficienti, per le altre, cioè quelle del Sud, è lo Stato che deve gestire direttamente il servizio sanitario, in pratica è come farebbe uno Stato colonialista con un suo protettorato! Ma Calenda non ha in mente solo questo intervento tampone, egli ha una ricetta più organica che sintetizza così: “Per rimettere in sesto la sanità italiana, avevamo fatto un piano a novembre, proprio con Ricciardi, servono solo 3-4 MLD l’anno (…) e noi mettiamo a posto il sistema sanitario”. Il Piano a cui Calenda fa riferimento è il “Programma delle 10 Azioni per la Sanità” che affida a Walter Ricciardi. Nel Piano però si rilevano elementi che contrastano con la visione dicotomico - scolastica tra chi è bravo e chi non lo è.
Nel piano si prevede un programma di investimenti di ben 13 miliardi in 5 anni. Per fare cosa? Semplice, per l’ammodernamento strutturale e tecnologico delle strutture sanitarie, al fine di non avere più strutture fatiscenti e pericolose. E dove crediamo che siano localizzate la maggior parte delle strutture fatiscenti in Italia? È facile, sono al Sud, come mai? forse per incompetenza degli amministratori regionali?
Nel piano si prevedono 1,5 miliardi di euro necessari per un adeguato ammodernamento tecnologico delle attrezzature a disposizione dei servizi sanitari regionali, e guada caso nel Sud c’è un disperato bisogno proprio di questo. Forse perché i sanitari del Sud non sono informati sugli ultimi aggiornamenti della tecnologia?
Il piano, inoltre, non può prescindere dalla erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) che si constata essere significativamente differenti tra Nord e Sud. È facile immaginare deve i LEA non siano rispettati e dove invece questi siano addirittura superati. Basta contare quanti “treni della salute” partono dal Sud alla volta del Nord! È forse dovuto all’irrefrenabile desiderio, tipicamente meridionale, che hanno gli accompagnatori dei malati di fare una vacanza? O è forse solo una banale incapacità delle Regioni del Sud di definire i LEA?
Il piano persegue una sanita nazionale che garantisca uguali prestazioni ovunque, quindi non vuole una sanità di serie A nel Centro Nord iperfinanziata, ed una sanità di serie Z al Sud dilaniata dai Piani di Riordino Sanitario che, guidati dal patto di stabilità di bilancio e da un sistematico riparto sfavorevole del Fondo Sanitario Nazionale, hanno fatto nel Sud stragi di strutture e posti letto.
Infine, nel piano lo Stato non interviene a sostituirsi alle competenze regionali a causa di amministratori inefficienti, ma per surrogare un coordinamento nazionale di strategia, di formazione e di ricerca. Certo, lo Stato ha anche la facoltà di intervenire nel caso in cui le Regioni siano impossibilitate o non capaci di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza ai propri cittadini. Ma quando ciò avverrebbe? Per manifesta o presunta inefficienza delle Regioni? No! Solo in caso di estrema ratio, come appunto in un caso di pandemia.
Allora perché infangare le Regioni del Sud, con un (pre)giudizio, infondato quanto avventato? Forse perché fiutando che il pregiudizio sia abbastanza condiviso convenga usarlo per accreditarsi al proprio potenziale elettorato? E questo, nonostante si posseggano tutti i dati (il piano) per sapere quanto sia falsa l’illazione? Ah, ma questo sembra sia lecito in politica, vero? Crede davvero Calenda che questa sia la vera politica che migliaia di cittadini hanno chiesto in piazza sotto le ali del pesce azzurro?
Provo ora a parlare di questo benedetto “efficientismo burocratico”, stella polare che guida la strategia politica di Calenda. È una sorta di panacea che sento ripetere ogni qualvolta Calenda compare in una trasmissione televisiva. Ebbene, essa è solo una pratica di management, che attiene a tecniche e processi di ottimizzazione organizzativa. È una materia di cui sono esperto e che sintetizzerei in formazione ed applicazione di una way of working. Punto! È la prima volta che vedo elevata a materia politica una tecnica di management operativo. Personalmente non credo sia materia politica, tantomeno materia amministrativa, per me è solo materia per un capufficio! Mi viene in mente il lavoro di un garagista che sposta le auto da desta a sinistra e poi avanti e indietro per arrivare in ultimo a parcheggiarne altre due. In realtà la coperta è sempre la stessa (metafora del Cottarelli) e per quanto la tiri, il garagista non riuscirà a risolvere il problema dei parcheggi neanche del suo stesso quartiere. L’ “efficientismo burocratico” di Calenda è poco più di una tecnica ragionieristica che non potrà andare mai al di là dei confini di un quaderno a quadretti.
La politica che io penso, invece, è progetto, è strategia, è visione e architettura della società, nella quale si vuole vivere e far vivere le generazioni future. Era questa idea di politica che ho invocato anch’io in piazza insieme a tutti gli altri. Ma non mi dilungo su questo, non voglio unirmi alla schiera di pseudo-esperti in filosofia della politica che vedo già folta e rumorosa!
Sono un cittadino Meridionale, figlio di una terra di luce, ed ora dirò io cosa è il Sud. È una terra abitata da gente di grande efficacia e di originale efficienza, forse per Calenda è solo folcloristica, ma essa è in grado di fare molto col poco che ha sempre ricevuto. Il Sud è una terra di gente forte e ancor più resiliente, che non conosce il cadere ed il rialzarsi, ma solo l’alzarsi. È una terra che da 160 anni finanzia il Centro Nord, prima con risorse proprie ed oggi con quelle a lei destinate e mai giunte (non ho tempo ne voglia di dare i numeri su quello che dico e ne avrei tanti, do solo una partenza: Eurispes rapporto Italia 2020; poi chi ha voglia continui da sé). Il Sud è una terra di lavoro, di passione, di intelligenza, di eccellenza, e soprattutto di cervelli: non c’è posto al mondo in cui non se ne trovi almeno uno che non sia ai vertici. Il Sud, culla della storia e della cultura del vecchio continente, è solo bellezza pura!
Come cittadino del Sud, figlio della terra di luce, io dico basta! Non tollererò più che chiunque, foss’anche un personaggio di altezza politica pari all’uno_virgola_quello_che_vuoi %, si senta libero di infamare e screditare la terra del Meridione e la sua gente, né di usarla strumentalmente per avvalorare proprie tesi farlocche o pseudo-propagande elettorali. La terra del Sud e la sua gente è sacra, come lo è una chiesa dove nessuno osa bestemmiare, come lo è una bandiera su cui nessuno osa sputare.
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