di Daniele Quarta
Pino Aprile ci dà una lezione di comunicazione nel suo intervento a Modugno 28/02/2020, che allego perché sia di studio e di crescita per tutti noi.
Ero in platea quando Pino parlava alla gente seduta. Non volava una mosca. L’attenzione era assoluta. Sembrava che nessuno volesse perdersi anche una singola parola. Alcuni avevano lo sguardo sbalordito di chi ascolta qualcosa per la prima volta. Altri annuivano come fai verso qualcuno che sta tirando fuori da te qualcosa che riconosci, ma che non era stato ancora detto prima. Ma cosa stava succedendo?
Pino stava lanciando le sue parole tra le file dalla platea fino ad arrivare al petto di ognuno ed entrare nel loro cuore! Quindi era una comunicazione emozionale quella di Pino? Accidenti, NO!
Pino parlava di cose concrete e vere e parlava alla testa e alla ragione di ognuno. La gente non era soggiogata da una bella eloquenza emozionale, ma era convinta e concorde con quello che ascoltava. Solo che lo faceva con tutta se stessa: con la mente e con il cuore!
Pino è stato un gigante di comunicazione in quella conferenza, perché chi ha assistito quella sera è uscito dalla sala diversamente da come ne era entrato!
Proverò ora ad individuare e ad analizzare quali elementi di comunicazione che Pino ha usato nella sua oratoria e le modalità che egli ha utilizzato per giungere ad una comunicazione efficace.
Cominciamo con il modulo espressivo di base che Pino utilizza nella sua comunicazione. Il racconto. Pino è un grande raccontatore di storie, egli non denuncia, non indica, non svela, ma racconta. Il suo raccontare è asciutto (forza dello scrittore) non ci sono fronzoli o abbellimenti, ma solo l’essenziale. Comunica il tema che tratterà, sorvola velocemente sul contesto e sulle condizioni di partenza e presenta subito i personaggi della storia e con essi, racconta la storia di filato, fino alla sua conclusione. Inserisce pochi incisi nella narrazione e benché siano funzionali alla chiarezza del racconto, li chiude presto, perché sono troppo stranianti rispetto all’attrattiva della storia. Sugli incisi inoltre fa di più: sovente gli termina con una battuta ironica o sagace, provoca ilarità o approvazione, dopo fa una pausa. Attende cioè che l’uditorio finisca il suo rumorio e si metta in attesa della continuazione della storia e a quel punto riprende.
Il risuonatore che preferisce quando racconta la sua storia è quello diaframmatico, la voce è calda, il tono è profondo, il volume e basso. Ed ecco che la storia diventa affascinante, apre con chi ascolta un canale emotivo di attenzione e di condivisione con i personaggi narrati. Il racconto è il modulo espressivo con cui Pino entra diritto toccando il cuore di chi ascolta.
Il secondo modulo espressivo è l’aneddoto. Pino non ricorre all’aneddoto come un inciso o un elemento estraneo alla storia, ma traduce l’intera storia in un aneddoto. Lo fa scegliendo accuratamente i personaggi della storia. Questi non sono mai immaginari, ma reali, non sono figli di una terra lontana ma della stessa terra dell’ascoltatore e se non la sua è sicuramente è la stessa dei sui antenati. Questo fa della storia narrata, una storia vera, una storia vissuta che è parte della storia di chi ascolta (forza del saggista). Il risuonatore ed il mezzo fonetico utilizzato per questo modulo espressivo non cambiano rispetto al precedente. Con l’aneddoto la storia diventa riconoscimento e adesione, e il messaggio sale dal cuore ed inizia il suo percorso verso la mente.
Il terzo modulo espressivo è la metafora. Pino dà una sequenza alle singole storie, le compone su un filo narrativo e così dipinge un quadro, dove ogni tassello è un elemento vissuto, riconosciuto e condiviso. Lui non denuncia, non afferma, non spiega, lui racconta e disegna un quadro metaforico della tesi, del messaggio che vuole consegnare, che in quanto condiviso in ogni sua parte, diventa metafora della verità. Ma cos’è una metafora? È una figura retorica che fa capire, senza spiegare. Il risuonatore sale, diventa di petto, perché il narratore è sceso nella verità ed è lì insieme a noi, il volume si alza, il tono sale fino all’acuto e la voce arriva al rauco perché vibra della stessa frequenza dell’emozione. Con la metafora il messaggio si trasforma in consapevolezza e siccome ogni aneddoto che la compone è riconosciuto, il messaggio diventa una verità condivisa che risuona nella mente.
Per ultimo, affinché il quadro sia completo ed evidente e possa esporsi all’attenzione consapevole dell’ascoltatore, Pino fa ricorso ad altre figure retoriche. Sovente nel suo discorso appaiono paradossi, antinomie, similitudini, oppure quel porre domande duali, alle quali far seguire una logica risposta, come nella più classica tecnica diacritica (Platone).
Quanto finora esposto attiene alla struttura dell’oratoria usata da Pino, spina dorsale del suo discorso. Ci sono però altri strumenti espressivi utilizzati che presiedendo ad un'altra funzione importante quanto il contenuto del messaggio stesso. Sono strumenti di pulizia e soprattutto di difesa dell’oratoria da tutti quegli eccessi espressivi che possono offuscarne la chiarezza espositiva e comprometterne pertanto la sua efficacia. Tra questi ne individuo alcuni degni di nota.
La pausa. La pausa è uno tra i più potenti mezzi espressivi, è uno iato, un vuoto attivo del non detto, che libera la grande energia immaginativa dell’ascoltatore, lo sveglia, lo attiva e lo rende partecipe nel discorso. Nella pausa l’ascoltatore “completa” con sue riflessioni mentali il passaggio discorsivo e lo pone in attesa del confronto. Pino utilizza almeno tre tipi di pause.
La prima è la pausa domanda, quella che l’oratore crea dopo una domanda dicotomica o aperta, quando il narrare arriva ad un bivio oppure sulla soglia di un nuovo contesto. Qui Pino lascia giusto il tempo che l’interlocutore senta dentro se una possibile risposta o la costatazione di non averne. Il suo sguardo e diretto verso la platea, attento e aperto ma mai indagatore, rassicura l’uditore che fra un attimo una risposta gli sarà data.
La seconda tipologia di pausa è quella emozionale. È una pausa che viene posta al termine di una rivelazione nella quale si dà giusto il tempo di condividere un sentimento comune, di constatare che di fronte ad una verità condivisa non si è soli ma si prova collettivamente una medesima emozione.
La terza pausa è quella meditativa. Pino la pone al termine del racconto di una storia, per dare il tempo ad ognuno di assorbire il senso della metafora ascoltata e portarla a consapevolezza dentro di sé.
Altro strumento espressivo utilizzato da Pino è la presenza. La presenza è un elemento costitutivo dell’oratoria, è quell’onore che l’oratore dà alla gente convenuta testimoniando loro che lui e lì esclusivamente e totalmente dedicato ai presenti. La presenza comunica anche un’altra cosa molto potente. Che quell’evento è lì ed ora, che è vero e unico, e che è esclusivo non vi è altro luogo nel mondo dove quell’evento accade, ma solo in quel luogo dove la gente è convenuta. Pino esprime la sua presenza rivolgendo costantemente la sua attenzione alla gente che ha di fronte, con lo sguardo, con la voce, con la sua emozione, interagendo con la platea con tutta la sua persona. Non distacca mai la sua attenzione dalla gente, distraendosi nei suoi pensieri, ascoltando le sue parole, o valutando la consistenza del suo discorso. Quando l’oratore è connesso con la gente, lascia che la narrazione scorra come un fiume potente, dotato di forza propria e alimentato dall’intenzione dello stesso oratore. Gli argomenti, i pensieri, le frasi e le parole sgorgheranno senza il bisogno di alcun controllo da parte sua. (i vecchi ci ricordano un proverbio: impara l’arte e mettila da parte).
L’ultimo strumento che voglio sottolineare è l’economia dei contenuti, applicata da Pino nelle sue orazioni. Non tutto quello che si sa è utile dire, non tutte le notizie servono a informare, non tutte le argomentazioni danno fondatezza agli assunti. Così come non tutte le referenze o le esperienze di una persona la accreditano all’opinione di chi ascolta. L’economia dei contenuti è la precisa attenzione che l’oratore ha rispetto al senso di una conferenza. La gente viene a partecipare con il preciso intento di sapere e di farsi una sua opinione informata e razionale, ma dalla conferenza porterà via con sé maggiormente come si è sentita e le emozioni che ha provato piuttosto che tutto quello che è stato detto. Così come l’oratore vuole dare tutto quello che sa o che ha capito alla gente che lo ascolta, ma la sua massima attenzione nell’orazione è spostata prevalentemente su cosa può farlo accreditare come persona affidabile e credibile. Economia dei contenuti significa portare 30% di contenuti e 70% di comunicazione umana, perché la comunicazione politica è prevalentemente comunicazione umana.
La lezione di Pino non invita all’emulazione, ma ci insegna che i moduli e gli strumenti espressivi devono essere usati sulla base delle qualità e specificità umane personali di ogni comunicatore. Compito di ogni comunicatore è dunque partire riscoprendo e valorizzando le proprie qualità, perché su di esse sarà possibile costruire una comunicazione efficace.
Dobbiamo ricordarci che quello che comunichiamo è fondamentalmente quello che siamo. Se siamo delle persone umanamente ricche o povere è proprio quello che noi comunichiamo.
qui il video dell'intervento di Pino Aprile a Modugno: https://www.youtube.com/watch?v=UWNJ6ZWYBCQ&feature=share&fbclid=IwAR1Nsy5D6UsuYIyDvz09OAFGR4sDqhRjBzSMBjvcPR88NsDU-VZ6gFKWDAE
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