di Raffaele Vescera*
Chi ricorda le furiose polemiche contro il governo Conte e i suoi ministri, in piena pandemia, come dire in guerra contro un nemico comune, il Capitone lumbard invece di far fronte per combatterlo, ne sparava irresponsabilmente una al giorno: apriamo no chiudiamo, anzi chiudiamo no apriamo, i ristori agli autonomi non arrivano, e se arrivano non bastano. Oggi che i problemi non sono certo cambiati, il Capitone, aduso a sguazzare nell’acqua paludata, non urla ma si oppone sottobanco al necessario lockdown del Paese, raccomandato dal Comitato tecnico scientifico, e mentre i contagi salgono nuovamente alle stelle, superando i tre milioni di casi, ciancia di una Pasqua “tutto aperto”.
Nonostante le vaccinazioni, ancora poche invero, e le limitate zone rosse, continua il bollettino dei morti a più di 300 al giorno, oltre centomila in un anno, più che in una guerra, immaginate un’intera città di medie dimensioni come Pescara che scompare, e i nuovi contagiati vanno a più di ventimila al giorno.
Ma lui, l’ineffabile cassaro verdognolo, se ne fotte dell’epidemia, dice no a una chiusura di due mesi che azzerando il covid con la vaccinazione di massa, potrebbe far riaprire tutto per sempre. Salvini invece dice no, per raccattare i voti degli ignari commercianti che si illudono così di sopravvivere, ignorando che invece è il modo migliore per morire, e di quei quattro ingenuotti, anime dolci di sale, di negazionisti, ciechi davanti ai numeri tragici che arrivano dal fronte, inconfutabili in quanto confermati dal confronto impietoso con la mortalità degli anni precedenti, senza dire delle terapie intensive al collasso e le ambulanze, con malati gravi a bordo, in attesa per sei ore davanti ai pronti soccorso.
Tacciono altresì gli altri partiti, già di governo o di opposizione, Renzino e Pd in testa, soprattutto sul destino del Sud, già scippato di quanto lo stato gli doveva nell’ultimo decennio: 84 miliardi dirottati come sempre alle ricche regioni del Nord, e ora in procinto di subire un furto colossale di 70 miliardi dei soldi del Recovery Fund destinato a ridurre il divario del Mezzogiorno. Ma, invece di abolire il divario, i partiti italiani, uniti nel Partito Unico del Nord, pilotato dai poteri forti, preferiscono abolire il Mezzogiorno: che affondi per sempre nel Mediterraneo, e non se ne parli più, mentre lorsignori guardano al già barbarico grande Nord. Il grande timoniere SuperMario è al lavoro, non disturbate il conducente, e gioite della corsa: siete pur sempre ministri e deputati e avete di che godere.
E l’opposizione della strillona de noatri, che urlava a squarciagola contro ogni presunta malefatta di Conte, che fa? Sì, ora c’è zuppa per tutti e tace anch’ella, col suo partito zeppo di nostalgici del fascismo, lo stesso che, oltre le guerre, le leggi razziali e la condanna a colonia agricola del Sud di sabauda tradizione, decretò per legge il dimezzamento degli stipendi alle donne, poiché le signore, ad avviso del duce, dovevano stare in casa a far figli e calzetta, mentre a rovinare il mondo ci pensavano i maschi guerrieri. Ma essere zeppi di estimatori del duce è un conto, avere il partito pieno di condannati per corruzione e mafia è un altro: ma non doveva essere il partito dell’ordine? Sì, quello dell’ordine della mazzetta.
Ma non hanno di che star tranquilli, lorsignori, il Sud ci pensa da sé e reagisce, sono ormai centinaia i sindaci meridionali coalizzati nella lotta per avere quanto gli spetta dei soldi del Recovery, per riparare alla mancanza di strade, di asili, lavoro, ferrovie, scuole e quant’altro lo Stato nega al Mezzogiorno e profonde al Nord. Al loro fianco il nostro movimento per l’Equità Territoriale, fondato il 24 agosto 2019 da Pino Aprile, ogni giorno più forte, e con loro tantissimi intellettuali, docenti universitari, imprenditori stufi di essere trattati da cittadini di serie B.
*direttivo nazionale M24A-ET
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