di Raffaele Vescera*
Apre le danze il siciliano Musumeci, che da simil-leghista, si spertica in un balletto di pregiudizi auto-razziali, parlando di lombrosiane “Tare genetiche” dei meridionali, adusi all’assistenzialismo e al clientelismo, per poi rivendicare infrastrutture per il Sud, pur necessarie, ma senza dir nulla sulla storica mancanza di investimenti dello Stato nei confronti del Sud, la qual cosa, così posta diventa un pietoso elemosinare di quanto spetta di diritto, in quanto parte del “bottino” di 840 miliardi di Euro sottratti al Mezzogiorno in vent’anni. Tace, ovviamente, sulla ripartizione dei 219 miliardi del Recovery Fund, spettanti al Sud per il 70%.
Meglio stendere un velo pietoso sugli interventi di presidenti, altresì di orientamento leghista, quali il sardo Solinas e l’abruzzese Marsilio i quali, ritenendosi “diversamente meridionali”, o “meridionali loro malgrado”, pur chiedendo genericamente alcuni investimenti senz’altro opportuni per le loro regioni, eludono la Questione meridionale, sorta per volontà del Nord per farne una colonia a suo vantaggio, ma più non potevamo aspettarci. Solinas attribuisce tutte le colpe alla "normativa complicata" e come Musumeci prima di chiedere più soldi chiede meno burocrazia, sulla scia di Salvini e Renzi che chiedono lo sblocco indiscriminato dei cantieri, a vantaggio più di tutto dei prenditori del Nord.
Non diversi il molisano Toma e il lucano Bardi, anch’essi rappresentanti di una giunta regionale sostenuta dalla Lega, sbiaditi i loro interventi, che pur esponendo alcuni problemi riguardanti le loro regioni, sono stati, per ignavia o servilismo non sappiamo, altrettanto elusivi sulla questione di fondo, la differenza di trattamento del Mezzogiorno da parte dello Stato.
Più incisivo l’intervento del campano Vincenzo De Luca, che sembra parlare da “capo di governo”, tuttavia, al di là di un inopportuno superego autoreferenziale, citando i 3 criteri europei per l'attribuzione dei fondi, quali la popolazione residente, il Pil procapite e il tasso di disoccupazione, chiede di destinare al Sud il 50% del Recovery, invece dello spettante 70%. Ma è stato il solo a parlarne, denunciando altresì le grandi lobby del Nord, pronte ad appropriarsi del nuovo bottino. E di questo gli va reso merito.
In quanto a Michele Emiliano, ci aspettavamo di più. Ha dedicato la prima parte dell’intervento alle eccellenze del Sud, che pur ci sono, nonostante tutto poiché, come egli ha detto, i meridionali sono abituati a far nozze con i fichi secchi. Ma anch’egli, deludendo le aspettative, non ha citato numeri e cifre che da sé avrebbero sbaragliato il campo da ogni dubbio sul fatto che i meridionali sono trattati come cittadini di serie B. Cifre pur certificate dalla Svimez, la Società per lo sviluppo del Mezzogiorno, stranamente non invitata alla kermesse carfagnana.
Ultimo, ma non ultimo, il calabrese Spirlì il quale, seppur leghista, e seppure iniziando in modo decisamente imbarazzante, ha poi citato i progetti necessari allo sviluppo della Calabria e del Paese, quale il porto di Gioia Tauro. Ma nel complesso poco è stato detto da tutti sullo stato pietoso delle ferrovie meridionali, sull’assenza dell’alta velocità, di autostrade e strade degne del nome. Vero, Emiliano ha rimarcato il gap degli ospedali, altri quello delle scuole, Musumeci ha ribadito la necessità del ponte sullo Stretto, come altri hanno fatto per opere diverse, ma nel complesso interventi poco incisivi e deludenti. Per salvare il nostro Sud, occorre una nuova classe politica, decisamente meridionalista, che pur sta crescendo nel Mezzogiorno, in modo impetuoso. È nel nuovo che avanza che il Sud ripone le proprie speranze.
*direttivo nazionale M24A-ET
Potete seguire in diretta la conferenza che riprenderà alle 15, su questo Link
Gli Stati generali del Mezzogiorno: il 23 e il 24 marzo SUD, Progetti per Ripartire
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