di Raffaele Vescera*
Quanto non era mai accaduto nella storia di questa malfatta nazione, ieri è avvenuto, a Napoli sono scesi in piazza per protestare i sindaci meridionali, riuniti nella rete Recovery Sud, che raccoglie oltre 500 primi cittadini, combattenti per i diritti del Sud, a partire dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris che ha accolto, con il promotore Pino Aprile e il testimonial Albano Carrisi, i sindaci convenuti dalle varie città.
È un evento straordinario, certo, un Mezzogiorno da sempre rassegnato e sottomesso alla disuguaglianza di trattamento con i “fratelli” del Nord s’è svegliato. Ciò che non succede in cent’anni, può accadere in un giorno, recita un proverbio cinese, e l’iniquità italiana, che ha dato origine alla Questione meridionale nel lontano 1860, oggi è finalmente sotto attacco. Un attacco civile legato alla consapevolezza che l’articolo tre della Costituzione che assegna uguali diritti a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione, è costantemente violato da 160 anni. È giunto il momento di farla finita con un Nord “produttore e ricco” con i soldi di tutti gli italiani, e un Sud ridotto a colonia di consumo e di fornitura di risorse, braccia e cervelli a lorsignori. Sia ben chiaro, nelle richieste del Sud non c’è alcun egoismo territoriale, o razzismo, pari a quello leghista e più in generale settentrionale, è una lotta sacrosanta per l’affermazione del diritto universale all’uguaglianza. Non è più tollerabile che i meridionali debbano vivere con la metà del reddito pro-capite dei settentrionali, non è più tollerabile che debbano avere un tasso di disoccupazione triplo degli abitanti del Nord. Lo ha capito l’Europa ma il sistema italiano lo ignora poiché vuole persistere nell’ingiustizia secolare.
Il paziente lavoro di informazione svolto negli ultimi anni dai meridionalisti sta dando i frutti sperati. Più di tutto è valsa l’azione politica di studio e di proposte del nostro movimento per l’Equità territoriale che, andando oltre la denuncia storica pur importante, ha denunciato gli scippi miliardari compiuti dai governi italiani a danno del Sud, dai 61 miliardi l’anno sottrattigli e dirottati al Nord, come certificato da Svimez ed Eurispes, fino all’ultimo colpaccio del Recovery Fund, un furto aggiuntivo di 60 miliardi, frutto della volontà del governo di assegnare al Mezzogiorno e alle aree interne il 40% anziché il 70% che gli spetta dei 209 miliardi del Recovery, secondo i criteri stabiliti dall’Unione Europea. Il nostro movimento, ricordiamolo, grazie alla sua commissione Economia e Sviluppo, ha prodotto un poderoso studio di oltre 300 pagine zeppo di proposte per la ripartenza del Sud con le risorse del Recovery. Uno studio fatto proprio da alcuni rappresentanti istituzionali, da europarlamentari come Nicola Pedicini, presente ieri a Napoli, dai parlamentari Sabrina Ricciardi e Saverio De Bonis e, più di tutto, dai tantissimi sindaci meridionali che rispondono quotidianamente alle necessità crescenti dei loro cittadini.
Sbaglia chi pensa di farne una battaglia ideologica, come alcuni disturbatori infiltrati, estranei ai movimenti meridionalisti, hanno provato a fare ieri a Napoli, fischiando i sindaci che cantavano l’inno nazionale, in quanto rappresentati istituzionali di città italiane, muniti di fascia tricolore. Così facendo, quei pochi infiltrati hanno dato prova di fanatismo. Il germoglio è appena nato, la pianta ha da farsi, non si può pretendere di affermare valori estranei. Questa è una battaglia politica che unisce sugli obiettivi reali. Per mimare un vecchio adagio rivoluzionario, è il movimento reale che cambia lo stato delle cose. Ogni lungo cammino inizia con un primo passo, ora è il momento di andare avanti, ci sono solo cinque giorni fino al 30 aprile per fermare l’azione vergognosa del governo italiano, i sindaci stanno preparando altre azioni clamorose per martedì 27 aprile, noi saremo al loro fianco senza se e senza ma. Non ce la faremo ora? Allora prepareremo azioni ancora più incisive sino alla denuncia alla Commissione europea affinché respinga il piano del governo Draghi che mira ad accrescere il divario Nord-Sud, anziché ridurlo come chiede di fare l’Europa.
*direttivo nazionale M24A-ET
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