di Matteo Notarangelo*
La pandemia ha mutato il modo di vivere. Le città hanno mostrato un altro volto. Il lavoro è cambiato. Le periferie si sono popolate di nuove povertà. Il distanziamento fisico è diventato distanziamento sociale e ha imposto le nuove architetture e le nuove relazioni interpersonali, anche nei momenti di svago.
Si è nel pieno di una vera rivoluzione antropologica. Una rivoluzione planetaria che in pochissimi giorni ha trasformato il modo di vivere del genere umano.
Con la nuova rivoluzione in corso gli individui sembrano sempre più sconcertati, soli. La vita sociale è in piena trasformazione e la tradizionale vita di comunità ha già concesso più spazio alla società dell'infosfera. L'inizio di questo sconvolgimento esistenziale non è da individuare nell'ideologia di qualche partito politico né in una improvvisa trasformazione industriale. In questo mutamento epocale, non c'è il terzo o il quarto stato. A guidare la rivoluzione non ci sono neppure i nuovi Danton, Marat e Robespierre, ma un virus e la paura di essere contagiati.
In poco tempo, l'invisibile virus ha conquistato e modificato le città, prive di difese e abitate da una folla solitaria, pronta a costruire muri di paura e di sospetto.
Solo oggi, questi abitanti delle città riscoprono l'utilità dei confini nazionali, le antiche difese protezionistiche, che si trasformano i nuovi muri psichici, utili a respingere gli spettri dei virus.
Ricercatori e scienziati, intanto, stanno annunciando altre pandemie e consigliano altre strategie, altre regole per l'ordine da ricostruire, per evitare o contenere la forza letale dei microrganismi.
Si sta affacciando un altro mondo con altri modi di vivere.
E' un nuovo ordine mondiale. E' un ordine dei grandi poteri finanziari. E' l'ordine di nuovi conflitti sociali e del ritorno della “classe pericolosa”, degli esclusi.
Nel mondo post pandemico, certo, i rituali di interazione verbale e sociale non saranno più quelli di prima. Anche se i governi pongono termine alla quarantena e decretano le aperture delle attività economiche, sociali, sportive e culturali, i tempi psicologici della normalità sembrano lunghi, mentre i modi di vivere e di relazionare sono già stati attraversati da evidenti alterazioni comportamentali. Tra le persone, i vecchi stili di vita sono diventati oltraggiosi e ognuno cerca di modificarli.
Le dinamiche comportamentali degli individui angosciati sono quasi già cambiate. In ogni luogo, bar, ristoranti, palestre, supermercati, scuole, università, laboratori, fabbriche, persino nei luoghi di svago e di vacanza è stato imposto un nuovo ordine relazionale tra le persone. A ricordarlo agli individui increduli è l'informazione di massa, che resta immodificabile, anche nell'era dei social. È quella l'informazione che ripete e amplifica l'unica idea della forza infettiva di un prossimo virus per contagiare l'immaginario collettivo e agevolare i tanti cambiamenti in corso. Il mantra dell'informazione è noto: con il coronavirus ed altri microrganismi patogeni si deve convivere, è opportuno, quindi, adattarsi alla nuova organizzazione sociale, sanitaria e economica. Poi, lasciano altre possibilità.
La speranza di tornare alla vecchia normalità è stata posta in un prossimo vaccino. Ma, in attesa di un “buon” vaccino, l'isolamento fisico, sociale e psichico ha invaso la vita quotidiana di milioni di persone.
È chiaro, le misure restrittive seppur necessarie, inducono nuovi modelli di vita che non sono scelte individualistiche condivise dai diversi popoli, gli effetti fobici indotti dai governi modificano i "vecchi" stili di vita, a iniziare dai rapporti interpersonali.
In questo modo, le èlite finanziarie progettano un mondo diverso.
Per adesso, in piena “quarta rivoluzione”, c'è a chi piace pensare che un microrganismo oscuro, invisibile e senza patria ha mostrato il suo inverosimile potere e scoperto le nudità dei “grandi” della terra, di un mondo globalizzato elefantiaco.
In pochissimo tempi, l'umanità ha modificato le strutture della nuova organizzazione, familiare, sociale, politica ed economica.
Dalle macerie di questi mesi di quarantena, sta emergendo la verità che con la pandemia gli individui sono stati indotti a chiudersi nel loro “privato”, a ridurre i contatti umani all'indispensabile e a consegnare le loro emozioni alle piattaforme remote, Duo, Meet, Skype, Facebook, non per scoprire il fascino delle innovative tecnologie dell'attuale società dell'informazione, ma costretti dalla paura di essere contagiati dal “nuovo” virus, terrore amplificato in ogni momento.
Da questi spazi virtuali, è emerso l'altro mondo sfocato, con individui soli e famiglie spezzate.
Nelle città impaurite, le persone hanno evitato i luoghi di aggregazioni, i tanti contatti sociali. Oggi, sono molte le persone angosciate, schiacciate dalla paura di essere aggrediti da qualche virus o batterio, che presto o tardi ritornerà a stravolgere l'esistenza umana.
L'individuo si sente prigioniero della fobia di essere contagiato. È questa angoscia prolungata che non gli permette di apprezzare le sue libertà, indebolite dalle insicurezze, della incertezza di vivere, anzi di sopravvivere. Il nuovo cittadino globale, che si appresta a vivere i mutamenti antropologici del nuovo tempo, non sa se le prossime influenze pandemiche saranno il “Big One” che gli scienziati hanno annunciato da diverso tempo.
Il cittadino globale, scioccato e assediato dall' aggressività dei tanti virus inizia a guardare con nostalgia la sicurezza garantita da poteri assolutistici.
L'individuo globale solo, vuole e domanda sicurezza, in cambio delle sue libertà, perciò non mostra la sua resistenza a chi le sospende.
Agli Stati l'individuo continua a chiedere la certezza di poter vivere, anche in modo diverso, affidandosi a scienziati e a medici, che sorveglino l'andamento della malattia, l'esistenza del virus e pianifichino i tempi per la somministrazione di un nuovo vaccino, in attesa di farmaci capaci di curare.
Nel frattempo, in attesa di una maggiore sicurezza e della certezza di essere protetti da possibili nemici visibili e invisibili, i tanti individui hanno mostrato di essere disposti ad accettare il nuovo ordine mondiale, sociale, politico, economico e la propria condizione di isolamento sociale. È evidente che le nuove èlite con l'insicurezza sociale globale hanno ricevuto la legittimazione tacita anche a contenere le proteste, il dissenso di quelle forze politiche, sociali e economiche che si oppongono al nuovo ordine mondiale.
L'influenza pandemica è stata la prova sociale e politica per sperimentare la disponibilità dei cittadini a rinunciare ai diritti civili e alle libertà personali.
Gli individui spaventati, schiacciati dall'inquietante potenza assassina di questo o altri microrganismi patogeni che verranno, hanno mostrato di accettare ogni forme di restrizione per tutelarsi dalla presenza ingombrante e destabilizzante di qualsiasi virus letale.
Nel proscenio dell'umanità, adesso, appare un nuovo scenario, è il nuovo mondo. Un mondo geografico, economico e sociale, forse, con nuove conflittualità e nuove “classi pericolose.
In questo nuovo mondo, non ci sono spazi per gli sguardi, i gesti, le emozioni con cui le persone nutrono gli scambi affettivi e economici, nonché la partecipazione nei gruppi e l'interazione familiare, sociale e politica.
Con la pandemia, le élite del nuovo ordine mondiale hanno scritto un altro “contratto sociale”, destinato all'umanità del terzo millennio.
*Sociologo e counselor professionale.
Leave a Reply