di Michele Pisani e Francesco Camberlingo
- INTRODUZIONE
La flebile crescita economica italiana, che perdura da molti anni, si può attribuire a cause diverse dalle quali discendono rimedi diversi. Non c’è dubbio, tuttavia, che il regresso del Mezzogiorno sia una parte centrale del problema dello sviluppo italiano. E, seppur i servizi e il turismo possano senz’altro contribuire al progresso economico del Meridione, quest’ultimo non può non passare anche da un rafforzamento della manifattura del Sud e da una sua migliore partecipazione al sistema degli scambi internazionali. Il miglioramento delle infrastrutture materiali e immateriali e delle condizioni per l’accesso delle imprese ai mercati esteri (oltre che del Nord Italia) non possono che procedere di pari passo: ciascun elemento da solo non garantisce un futuro per le produzioni del Sud.
Il Sud Italia è l’area europea con la più bassa percentuale di persone che hanno un lavoro. Secondo i dati pubblicati da Eurostat, quattro delle cinque Regioni dell’Unione europea con il più basso tasso di occupazione sono nel Meridione: Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. A fronte di una media europea di lavoratori impiegati del 73 per cento, in queste quattro Regioni soltanto meno della metà delle persone tra 20 e 64 anni ha un’occupazione. Messa peggio di loro soltanto Mayotte, un territorio d’oltremare francese in Africa, vicino al Madagascar.
In Sicilia, la percentuale di persone occupate è il 44,1%, in Campania il 45,3%, in Calabria il 45,6% e in Puglia il 49,4%. L’Italia pur avendo un tasso di occupazione complessivo medio maggiore di quello della Grecia – il 63% contro il 59,5% – ha un divario più ampio tra le singole regioni, con in testa l’Emilia Romagna al 74,4% e la provincia di Bolzano al 79%.
Uno studio di Federbenton afferma che, investire nel sistema Sud, migliorando le infrastrutture, porterebbe riflessi positivi incrementando il turismo e gli scambi internazionali di merci. Investire oggi 1.000 euro significa ottenere, in 5 anni:
- incremento di PIL di 3.000 euro;
- incremento del gettito fiscale di 1.200 euro;
- 30 kg di CO2
Un investimento di 10 miliardi di euro all’anno nei prossimi 5 anni porterebbe il Sud, dopo 15 anni, in una situazione a regime con:
- aumento del PIL pro-capite da 19 mila euro a 23 mila euro (media Italia 27 mila euro);
- disoccupazione dal 17,8% al 13% (media Italia 10%);
- 40 milioni di tonnellate annue di CO2
Gli alti livelli di disoccupazione e la mancanza di investimenti ha comportato che negli ultimi 15 anni quasi due milioni di meridionali si sono spostati al Centro Nord Italia. In sostanza, sono di più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali. Gli emigrati dal Sud tra il 2002 e il 2017 sono stati oltre 2 milioni, di cui 132.187 nel solo 2017. Di questi ultimi 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33% laureati). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852 mila unità. Nel solo 2017, si legge, sono andati via 132 mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70 mila unità. L’emergenza emigrazione del Sud determina una perdita di popolazione, soprattutto giovanile, e qualificata, solo parzialmente compensata da flussi di immigrati, modesti nel numero e caratterizzati da basse competenze. Questa dinamica determina soprattutto per il Mezzogiorno una prospettiva demografica assai preoccupante di spopolamento, che riguarda in particolare i piccoli centri sotto i 5mila abitanti.
A fronte di questo grave quadro socio-economico che ci troviamo di fronte, uno dei tasselli fondamentali è lo sviluppo di una seria politica economica votata all’incremento degli investimenti infrastrutturali e ad una maggiore industrializzazione del Sud continentale e le isole.
- SITUAZIONE AD OGGI
Il disagio economico del Sud va di pari passo con la carenza infrastrutturale e la mancanza di investimenti nei trasporti.
Nel programma ci focalizzeremo su 4 temi principali:
- Aeroporti
- Strade
- Ferrovie
- Porti
Aeroporti
I servizi di trasporto aereo in Italia presentano una condizione di arretratezza rispetto al contesto europeo: da analisi di confronto sui passeggeri e sulle merci in volo rapportati al PIL ed alla popolazione emerge per l’Italia un ritardo rispetto alla media UE-15 dell’ordine del 30-40% per i passeggeri e del 40-50% per le merci. In tale scenario di arretratezza del nostro Paese, il Mezzogiorno presenta un ulteriore gap rispetto alle altre aree del Paese soprattutto per ciò che riguarda la qualità dei servizi, aldilà del deficit infrastrutturale pur presente, anche se in maniera più contenuta rispetto alle altre aree modalità di trasporto. Ad esempio, infatti, in termini di movimenti, passeggeri e merci in volo rapportati al Pil ed alla popolazione, il sud continentale presenta valori notevolmente inferiori rispetto alla media italiana. L’accessibilità alle infrastrutture nel Sud rimane ancora molto indietro rispetto alla media UE. Nei collegamenti aerei, tutte le regioni meridionali hanno un indice che va da quasi 1/3 (Abruzzo) a poco meno di 1/10 (Basilicata).
Tale condizione di ritardo per il Mezzogiorno emerge con ancora più chiarezza se si analizza il quadro dei collegamenti aerei sud-sud e nord-nord da cui si evince come, nel Mezzogiorno, solo 3 relazioni (Palermo-Napoli, Catania-Napoli e Trapani-Bari) siano servite da collegamenti aerei ordinari contro le 7 del nord; inoltre il numero totale di voli ordinari settimanali sud-sud è pari a 84 contro i 198 nord-nord. Altra grave lacuna è quella relativa ai collegamenti aerei tra il Mezzogiorno ed i Paesi della sponda sud del Mediterraneo: solo una relazione (Palermo-Tunisi con 6 voli settimanali) è servita da collegamenti aerei ordinari. Il Mezzogiorno d’Italia, quindi, non è assolutamente ben collegato con i Paesi del Maghreb e del Mashrek: ad esempio per andare da Napoli, da Bari o da Reggio Calabria a Tripoli, a Tunisi o a Casablanca bisogna necessariamente spostarsi prima a Roma o a Milano.
Ciò è conseguenza delle scelte politiche nazionali che priva il meridione dei giusti investimenti in proporzione al PIL e al numero di abitanti. Il rapporto dell’ENAC “Stato degli investimenti infrastrutturali per gli aeroporti italiani” indica chiaramente come nel quinquennio 2016-2021 la percentuale degli investimenti sulle infrastrutture aeroportuali meridionali si attesta solamente al 11% del totale nazionale rispetto al 38% delle infrastrutture del nord e al 51% di quelle del centro Italia.
Strade
La mancanza di investimenti negli ultimi trent’anni, si traduce dal punto di vista della rete viaria una dotazione nel complesso più modesta e di minore qualità di quella rilevabile nel resto del Paese. La mobilità stradale è assicurata da una fitta rete di strade statali, regionali e provinciali che, come noto, erogano servizi di qualità più modesta di quella delle autostrade, che nel Sud sono decisamente meno sviluppate. Nel Centro-Nord si è proceduto, infatti, ad un up-grade qualitativo di tutte le infrastrutture, aumentando in misura più rilevante la dotazione autostradale e concentrando nell’area la gran parte della rete nazionale di Alta Velocità.
Tra il 1990 e il 2015 la rete autostradale del Centro-Nord è aumentata del 15,5% e quella del Mezzogiorno solo del 5,2% (incremento concentrato, peraltro, nella sola Sicilia, la cui rete regionale è cresciuta del 18,9%); la rete ferroviaria complessiva è aumentata del 2,9% nel Centro-Nord ed è rimasta praticamente invariata nel Mezzogiorno (-0,3%).
Per le imprese, ciò si traduce in maggior costi di trasporto e rischio d’isolamento con i principali centri economici italiani ed europei. Basti pensare che che nelle regioni del Meridione ogni impresa può contare in media su meno di 20 chilometri di infrastrutture (strade, autostrade, linee ferroviarie), circa la metà di quelli a disposizione nel Nord-Ovest. E anche all’interno del territorio meridionale vi sono grandi differenze. La Puglia, ad esempio, secondo uno studio elaborato da Nomisma, è fanalino di coda con appena 7,9 chilometri di infrastrutture per azienda.
Relativamente alla rete autostradale a fronte di una media nazionale di 23 chilometri ogni 1.000 kmq, nel Sud si scende a 20 km/1.000 kmq, con la Basilicata ferma a 3km e il Molise bloccato a 8km.
Ferrovie
Ogni anno l’associazione Legambiente pubblica il rapporto Pendolaria con l’obiettivo di descrivere la vita dei pendolari italiani. Inevitabilmente, ne risulta un quadro drammatico per il mezzogiorno. All’interno del rapporto 2018 si parla di questione meridionale.
La decisione da parte degli organi nazionali di investire in alta velocità ha, di fatto, generato un forte disequilibrio degli investimenti. La Campania risulta l’unica Regione del Mezzogiorno a essere interessata dalla presenza di rete AV. Le tratte ed i treni regionali sono stati abbanodonati al loro destino e laddove l’AV è assente, la mobilità ferroviaria è diventata un incubo. La scarsa qualità del servizio, inoltre, porta con sé l’abbandono della fiducia nel trasporto pubblico così che si è innescato il circolo vizioso per cui ormai nessuno più accetta di utilizzare mezzi che per percorrere pochi chilometri impiegano ore. Alcuni esempi sono riportati nel Pendolaria 2018:
Allo stesso tempo, la scarsa utenza è diventata motivo e giustificazione a favore di chi non ha mai voluto lo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno.
Il risultato di queste scelte è chiaramente visibile nelle seguenti mappe (Pendolaria):
Figura 1 L'offerta dei treni sulla rete ferroviaria italiana
Figura 2 Numero di viaggiatori su treni regionali e locali
Viene esplicitamente osservato che ogni giorno in Lombardia circolano più treni e persone che in tutto il Mezzogiorno.
Anche SVIMEZ nei report annuali, fotografa una situazione ormai disastrosa e quasi irrecuperabile relativamente alle infrastrutture. Tra il 1990 e il 2015 la rete ferroviaria complessiva è aumentata nel Centro-Nord (+2.9%) ed è rimasta praticamente invariata nel Meridione (-0.3%). Gli indici di accessibilità ferroviaria nelle regioni del Sud Italia hanno ovunque valori sotto la media e negli anni più recenti gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno risultano pari al 20% del totale nazionale mentre negli anni ’70 erano circa il 50%.
Ovviamente, anche l’assenza di una buona ed efficiente rete ferroviaria incide sul mancato sviluppo del territorio.
Le carenze sono da individuare nella infrastruttura, caratterizzata da uno sviluppo limitato in termini di chilometri e da una linea con alte percentuali di binario unico sul totale della linea ferroviaria oltre che dall’alta presenza di linee non elettrificate, e dalla presenza di un alto numero di convogli con età superiore ai 20 anni.
Figura 3 In rosso le linee a binario unico e in blu le linee a binario doppio
Figura 4 Età media del materiale rotabile
Porti
Per poter analizzare la situazione portuale del Mezzogiorno basta pensare che, naturalmente, i territori del Sud Italia hanno rappresentato fin dall’antichità i punti di approdo delle popolazioni del Mediterraneo e la civiltà occidentale, a partire dal periodo Greco si è sviluppata proprio grazie allo scambio di idee e prodotti al centro del Mediterraneo.
Fino a pochi anni fa sembrava che il Mediterraneo avesse perso la sua centralità all’interno dei commerci marittimi mondiali. Dopo l’allargamento del canale di Suez, però, e rotte marittime più importanti attraversano il Mediterraneo ma, per entrare in Europa, le merci hanno bisogno di approdare a Rotterdam, dove esiste un sistema di accettazione e smistamento dei prodotti che tutto il mondo invidia.
Figura 5 La rotta delle merci che attraversano il Mediterraneo
Ciò comporta 5 giorni di navigazione da Suez a Rotterdam e 4 miliardi di introiti persi in indotto e attività connesse a quella portuale.
Chiaramente, questo dimostra che la posizione strategica Italiana, da sola, non è sufficiente a farle svolgere il ruolo di luogo di ingresso delle merci in Europa oggi svolto dai Paesi Bassi.
Sono necessarie delle azioni strategiche che mirino a riportare l’Italia a riprendere centralità nei commerci tra Europa e resto del mondo al Centro del Mediterraneo.
Puntare sui porti del Sud ed, in particolare, su quello di Gioia Tauro,
rappresenterebbe una grande opportunità di sviluppo, un grande impulso
alla crescita di un territorio abbandonato a sé stesso da decenni.
Figura 6 Possibile rotta con attivazione del Corridoio TAC (Treni Alta Capacità) Adriatico
- LE NOSTRE PROPOSTE
- Avvio delle opere pubbliche infrastrutturali necessarie ad iniziare il percorso per il recupero dell’Equità Territoriale, nulla di più nulla di meno di quanto già previsto dalla Costituzione, ovvero: ”È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
- Visto che la disomogeneità territoriale presente in Italia è talmente ampia da non avere eguali nella UE, l’avvio delle opere pubbliche, oltre agli investimenti ordinari, dovrà prevedere:
- Definizione di un Fondo per il Riequilibrio destinato alla riduzione del GAP infrastrutturale fino al raggiungimento dell’equilibrio.
- Per ogni opera pubblica realizzata in Italia una quota pari ad una percentuale del suo costo di realizzazione e dei ricavi provenienti dal suo utilizzo deve essere destinata al fondo.
Si evidenziano di seguito alcuni interventi strategici che potrebbero rappresentare la svolta per il Mezzogiorno ma, anche, per il Paese intero:
- Estensione della linea Alta velocità fino a Reggio Calabria e su territorio Siciliano
- Per garantire continuità alla linea ferroviaria nonché velocizzare e render epiù efficienti gli spostamenti su gomma, a tutto vantaggio di flussi turistici e di merci, costruzione del Ponte Sullo Stretto partendo dal progetto esistente bloccato nel 2012 da Governo Monti
- Definizione di un aeroporto Gate intercontinentale all’interno di una delle Regioni Meridionali
- Potenziamento del Porto di Gioia Tauro e collegamento ferroviario con il corridoio TAC (Treni ad Alta Capacità) Adriatico
- Stanziamento di fondi per la manutenzione straordinaria della rete stradale statale gravemente colpita da dissesto idrogeologico diffuso
Gli interventi sopra citati devono essere intesi come facenti parte di un progetto lungimirante il cui obiettivo sia il rilancio di tutto il Paese per mezzo dello sviluppo del Mezzogiorno. Non si può prescindere dalla definizione di una rete di infrastrutture interconnesse e si deve assolutamente evitare di realizzare delle oasi nel deserto. Un super aeroporto è inutile se non è collegato ai centri di interesse per mezzo di linee ferroviarie o stradali di un livello adeguato. Così come un porto come quello di Gioia Tauro non potrà mai diventare strategico se isolato dalla rete ferroviaria.
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