(di Paolo Mandoliti – Componente Gruppo di Studio Tematico Economia – M24A –ET)
Le quasi 500 pagine del decreto cosiddetto Rilancio Italia sono uno studio non indifferente per gli addetti ai lavori, che devono districarsi tra rinvii ai decreti precedenti, a norme dell’altro ieri, a pezzi mancanti. Il giudizio finale è sospeso. Sicuramente un decreto che abbraccia tutta l’organizzazione di uno Stato.
Prendendo invece “di mira” i singoli provvedimenti, il compito viene più facile, poiché ci si concentra su un aspetto particolare, potendolo, quindi, studiare e verificare con più precisione.
Due articoli del Decreto hanno attirato la mia attenzione, uno con un giudizio negativo ed uno con un giudizio positivo.
In questa sede tratto dell’articolo che ha generato in me un giudizio negativo. Successivamente tratterò di quello che ha generato un giudizio positivo.
L’art. 183, il cosiddetto “bonus vacanze”: nasce dall’esigenza di dare un ristoro alle famiglie i cui redditi sono stati travolti da lockdown e per rilanciare il settore turistico e vale, secondo le stime, 2,4 miliardi di Euro.
Come funziona? Introduce un tax credit per le spese sostenute dal 1 luglio al 31 dicembre. Il bonus può raggiungere i 500 euro per le famiglie di almeno tre persone e scende a 300 nel caso di nuclei da 2 persone e 150 euro per i single. Il contributo è riconosciuto a tutti i nuclei familiari con reddito ISEE non superiore ai 40 mila euro. Il credito viene corrisposto per l'80% sotto forma di sconto direttamente da parte della struttura turistica presso cui si soggiorna, ad esempio un b&b o un agriturismo, mentre il restante 20% può essere portato in dichiarazione dei redditi come detrazione fiscale. Il pagamento, specifica il testo, deve essere documentato da fattura elettronica o documento commerciale, con indicazione del codice fiscale del soggetto che intende fruire del credito. Inoltre, spiega sempre il testo, il pagamento del servizio deve essere corrisposto senza l’ausilio, l’intervento o l’intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.
Quindi, prenoto, direttamente o tramite agenzia di viaggio/tour operator, un soggiorno di una settimana per tre persone in un B&B siciliano, poniamo nella bellissima Capo d’Orlando. Prezzo medio a notte di 70 euro colazione inclusa. Totale, appunto, quasi 500 euro.
La struttura riceverà da me soltanto 100 euro (che poi porterò in detrazione dalla mia dichiarazione dei redditi). Le altre 400 euro saranno le detrazioni fiscali di cui godrà invece la struttura.
Il B&B che ho scelto ha 3 camere in totale. Considerando che lavorerà probabilmente luglio e agosto ininterrottamente, giugno, settembre e ottobre i fine settimana, con le nuove disposizioni Inail lo stesso B&B a fronte di 90 giornate di lavoro in condizioni normali, vedrà ridursi queste giornate (ipotizzando che luglio e agosto lavorerà per prenotazioni settimanali) in 60 giornate effettive (30 giorni dovrà restare chiuso post sanificazione obbligatoria tra un ospite e un altro).
Aumenteranno quindi i costi (oltre i costi normali, la piccola struttura dovrà preoccuparsi della sanificazione e delle pulizie più approfondite), ma aumenterà anche la responsabilità, anche penale, in caso di contagio.
La stessa struttura quanto incasserà? Per 60 giornate effettivamente lavorate (per le 3 camere in totale che ha, in caso di tutto esaurito), incasserà 2520 euro direttamente dagli ospiti e 10.080 sotto forma di detrazione fiscale.
A queste strutture conviene restare aperte? Con gli incassi effettivi non copriranno nemmeno le spese ordinarie di manutenzione, pulizia ordinaria, cambio biancheria, colazione, lavanderia, energia elettrica, ecc. Se a queste aggiungiamo anche il costo della sanificazione obbligatoria dopo ogni cambio ospite. Ed infatti mi risulta che moltissimi gestori di queste strutture ricettive che lavorano tantissimo solo in determinati periodi dell’anno (l’estate) non apriranno affatto.
In termini numerici, quindi, la maggioranza dei B&B in Italia (in tutto sono oltre 25mila) questa estate resterà chiusa poiché non sarà in grado di portare un utile alla propria attività.
Ma allora, se analogamente facciamo lo stesso discorso per gli Agriturismo, effettivamente a quale categoria di esercenti l’attività turistica (ricettiva) giova questa misura?
Sicuramente alle grandi catene alberghiere, alle strutture ricettive (villaggi turistici) con almeno 50 camere, insomma soltanto ad un terzo dei potenziali destinatari dell’iniziativa.
Soluzione: personalmente avrei optato per un voucher da richiedere da parte mia dello stesso importo e da consegnare poi alla struttura ricettiva, al ristorante, all’ingresso del museo, ecc., in maniera tale che l’effetto economico della misura (che secondo Franceschini, ministro dei beni culturali e del turismo, vale 2,4 miliardi e tale resterà, poiché trattasi di detrazioni e non di soldi liquidi) grazie, invece, all’effetto moltiplicatore, sarebbe stato di portata superiore (in media ogni 100 euro di spesa turistica ne attiva altri 60), almeno altri 1,5 miliardi di euro, ed inoltre rivolto al 100% delle strutture che lavorano nel settore e che rappresentano, senza considerare l’indotto, il 12-13% del PIL nazionale.
Fonte: XXX conferenza scientifica AISRe – IRPET “Misurazione del peso turistico”
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