INVESTIRE AL SUD CONVIENE ANCHE ALL’EUROPA: ECCO PERCHÉ L’EUROPA DEVE STARCI A SENTIRE
di Assunta Raffaella Pavone*
Che l’Italia non sia più in grado o addirittura non abbia la volontà di esprimere politiche che promuovano la crescita del paese nella sua interezza è un dato di fatto. Lo dimostrano le ultime affermazioni della stessa Ministra alle Infrastrutture, Paola De Micheli, che parla di fondi da destinare a chi è in grado di spenderli più velocemente, a chi ha pronti i cantieri.
È evidente il tentativo di annunciare in maniera neanche tanto velata l’ennesima truffa ai danni del meridione per il quale, sempre la ministra, continua ad annunciare fastidiosamente, noiosamente e quasi ossessivamente vaghe commissioni di studio ed ennesime valutazioni di fattibilità o rapporti costi benefici. Basta!
Questa visione egoistica e miope non è nell’interesse dell’Italia e nemmeno dell’Europa tutta. L’Italia deve finalmente orientare la propria strategia di investimenti, legandola alle reali opportunità che la situazione offre. Per capire quali siano queste opportunità è sufficiente osservare le azioni poste in essere da altri attori, ben più ingombranti, sullo scacchiere geopolitico: la Cina.
Ma andiamo per gradi. La grande discussione sul ponte sullo stretto di Messina è diventato la bandiera di forze politiche che ne sfruttano la popolarità tra una parte degli elettori per ottenerne il voto, ma senza alcuna reale intenzione di realizzarlo. Il ponte, però, è un’opera infrastrutturale di importanza strategica per il sud, per l’Italia tutta e persino per l’Europa.
Non è interesse dell’Italia e tanto meno dell’Europa, consentire investimenti infrastrutturali del tipo di quelli voluti per il porto di Genova, senza tenere conto degli sviluppi, nell’immediato futuro, dei traffici marittimi nell’area del mediterraneo.
Bisognerebbe piuttosto incrementare la funzionalità delle aree portuali del meridione italiano, più agevoli da raggiungere, anche in previsione del raddoppio del canale di Suez. Membri del governo italiano che continuano ad insistere sulle stesse aree (quelle del nord) anche di fronte alla palese inefficacia di tali strategie vanno riportati alla ragione. Non è più tempo di consentire insensati investimenti il cui fallimento è prevedibile senza grandi sforzi di comprensione di strategie macroeconomiche.
In considerazione dell’importanza del Mediterraneo nel futuro dell’economia mondiale, sempre più dipendente dal settore logistico, non si capisce la resistenza opposta alla costruzione del ponte sullo stretto. Questo, da solo, non può certo bastare. Il ponte, piuttosto, diviene irrinunciabile laddove si decida di portare finalmente l’alta velocità (quella vera) al sud. Le due cose sono strettamente connesse nonchè urgenti. Il sud deve finalmente ricevere infrastrutture ferroviarie ad alta velocità che, al momento, sono totalmente inesistenti.
Si nega l’utilità del ponte basando le argomentazioni sul fatto che la rete ferroviaria non viene utilizzata, ma il mancato utilizzo delle reti ferroviarie meridionali risiede nell’inadeguatezza stessa di linee obsolete e assolutamente insufficienti a far fronte alle necessità imposte da un trasporto che richiede sempre di più una tempistica serrata. Ne deriva che i collegamenti con il meridione avvengono quasi esclusivamente su strada, ma anche quelli risultano fortemente penalizzati a causa di un sistema stradale ormai vecchio, fatiscente e in molti casi addirittura pericoloso (chi produce al sud deve mostrare non solo capacità imprenditoriali, ma una qualche attitudine a fare miracoli).
Gli investimenti per infrastrutture stradali e ferroviarie al sud non possono più essere ritardati. L’indifferibilità degli investimenti al sud è giustificata sotto diversi punti di vista: sono innanzitutto necessari per il sud stesso, in quanto area più che depressa in relazione alle altre aree europee (la stessa Commissione Europea è intervenuta sulla questione richiedendo all’Italia delle misure atte a rimuovere queste disuguaglianze); in secondo luogo, il rilancio dell’economia meridionale, determinerebbe, di rimando, un vantaggio per l’economia di tutto il paese, nel quale attualmente la domanda interna è letteralmente crollata; infine, e questa è la parte che sembra sfuggire nelle varie discussioni, la presenza dell’Italia meridionale, in posizione più che vantaggiosa nel Mediterraneo, consentirebbe a tutta l’Europa di mantenere un ruolo di rilievo sui traffici marittimi, evitando di lasciare quell’area in balia della Cina che con maggiore lungimiranza si è già posizionata strategicamente grazie alla sua presenza nel Pireo.
Gli investimenti al sud, non sono quindi solo nell’interesse del meridione o della sola Italia. A fronte della strategia della Cina che, da lungo tempo, ha individuato nel sud est europeo, la porta d’ingresso per il controllo dei suoi traffici commerciali in Europa, investire al sud significa opporre una strategia comune europea di contenimento del colosso asiatico.
L’Europa deve starci a sentire, non soltanto per senso di solidarietà con le aree svantaggiate, ma nell’interesse comune di tutti i paesi europei a non restare schiacciati dall’avanzata dei nuovi giganti della scena internazionale.
*Referente Movimento 24 Agosto Equità Territoriale - Esteri
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