di Luca Lozupone.
Negli ultimi giorni i tanto celebrati quotidiani economici nazionali (con in testa Il Sole 24 Ore) sono tornati a parlare della Banca ex-Popolare di Bari. Il grande pubblico, infatti, viene preparato all’idea che dovrà per forza di cose fondersi con la Banca Monte dei Paschi di Siena, operazione che viene presentata come imminente e inevitabile.
Tuttavia la Banca ex-Popolare di Bari non ha alcun bisogno di essere di essere “fusa”con Mps (sarebbe meglio dire assorbita e spolpata da Mps). Purtroppo per i pugliesi, Mps ha bisogno di nuovi capitali per almeno 2,5 miliardi di euro e le forze fresche della ex-Popolare (recentemente ricapitalizzata dallo Stato per 1,6 miliardi) le risulterebbero di grandissimo aiuto. Ma questo non è nell’interesse della città di Bari, della regione Puglia, o dell’Italia intera.
Visto nel suo insieme il panorama bancario italiano negli ultimi 25 anni è stato interessato da una furiosa opera di fusioni e acquisizioni, che però non ha comportato un aumento dell’efficienza operativa. Infatti la redditività del sistema bancario italiano si pone stabilmente al di sotto della media europea.
Questo si spiega perché:
- Le fusioni ed acquisizioni si sono rivelate come operazioni di breve periodo, perché all’acquisizione non ha fatto seguito un processo di ristrutturazione;
- L’effetto finanziario di breve positivo, cioè l’incremento del valore di mercato della banca acquirente, è stato confinato al breve periodo;
- L’effetto combinato dei primi due punti ha addirittura provocato, nel medio periodo, un indebolimento delle condizioni finanziarie e di redditività della banca acquirente.
In particolare Mps sembra essere afflitta fin dal 1999 da una condizione che gli accademici definiscono come “desperation to grow”. Infatti da quell’anno la banca toscana ha perseguito un’aggressiva opera di crescita esterna acquistando in serie la Banca Agricola Mantovana, Banca 121 e Banca Antonveneta, a prezzi superiori a quelli di mercato. Per “desperation to grow” si intende il fenomeno con il quale una banca cerca di superare la propria bassa redditività per crescita esterna, con la continua acquisizione di nuove banche, invece che con il miglioramento dell’operatività interna. Come si può notare, l’acquisizione di queste banche non solo non ha migliorato la redditività di Banca Mps, ma ha intaccato e ridotto considerevolmente la sua solidità patrimoniale.
L’acquisizione della ex-Popolare di Bari (ed eventualmente di Carige, come si legge negli stessi articoli) sarebbe il frutto della stessa “desperation” e non aiuterebbe nel medio periodo né Mps, che anzi sarebbe costretta a fondersi successivamente con altre banche secondo un processo tendente all’infinito, né la ex-Popolare, che scomparirebbe dal panorama bancario italiano.
È invece opportuno che la ex-Popolare prosegua e consolidi il suo percorso di banca “stand alone”, cioè indipendente, a prezioso sostegno dell’economia e del commercio di Bari, della Puglia e dell’Italia. Sostegno che verrebbe sicuramente meno in caso di incorporazione in un’altra banca che ha la propria sede in Toscana.
Si ricorda inoltre che la ex-Popolare è stata ricapitalizzata dallo Stato italiano per 1,6 miliardi (attraverso Mediocredito Centrale), che sono soldi di tutti, e non si capisce come questo capitale debba essere donato ad una banca inefficiente e brucia soldi come Mps, che dal 2012 ha già inutilmente distrutto quattro aumenti di capitale da complessivi 14 miliardi di euro e si appresta ad effettuarne un quinto (“desperation” appunto).
È opportuno quindi che si faccia una corretta opera di informazione per presentare il progetto di fusione della ex-Popolare di Bari come inutile per rafforzare Mps e dannoso per gli operatori economici pugliesi e del Sud Italia (soprattutto famiglie e piccole e medie imprese). In particolare il membro nel consiglio di amministrazione della ex-Popolare di Bari espresso dalla Regione Puglia (Loredana Capone) dovrebbe opporsi con forza a questo ennesimo scempio ai danni dei cittadini meridionali.
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