di Matteo Notarangelo*
I poveri in Itali sono tanti. Le statistiche dell'ISTAT sulla povertà dell'anno 2019 descrivono il modo in cui è misurata, come è stratificata e dove si annida. Alle "nuove" povertà hanno dato condizioni e nomi diversi: la povertà assoluta, la povertà relativa e la povertà multidimensionale.
L'indigenza è altro. L'indigenza è la miseria vera che provoca sofferenza. La persona indigente è priva dei mezzi di sussistenza e "incapace" di acquisirli, sono i poverissimi.
Per povertà assoluta, si intende la condizione di una famiglia che non dispone risorse economiche per acquistare cibo.
La povertà relativa di una famiglia, invece, è la condizione di quanto i suoi redditi sono uguali o inferiori al 60% del reddito medio e prevale la possibilità di cadere in povertà assoluta. La povertà multidimensionale, in fine, è la condizione determinata dalla persistenza di diversi fattori economici, sociali, sanitari, culturali e geografici.
Sono questi i modi considerati per misurare la "nuova" povertà nel Bel Paese.
In Italia, vivono in condizione di povertà assoluta oltre 4,6 milioni di persone, mentre corrispondono a 8,8 milioni quelli in condizioni di povertà relativa.
Nelle regioni del Nord, vive 1 milione e 860 mila poveri assoluti residenti; nel Mezzogiorno, isole comprese, oltre 2 milioni di poveri assoluti residenti e il restante 740 mila nelle regioni del Centro.
La povertà assoluta si accentua nelle famiglie giovani, numerose e con figli minori.
In questi nuclei familiari, la capacità di spesa è ridotta, a causa dell'instabilità occupazionale, dei redditi bassi e dell'assenza di risparmi.
La povertà assoluta, infatti, riguarda l'8,9 delle famiglie in cui il capofamiglia ha tra i 18 e i 34 anni, diminuisce se la persona ha un titolo di studio e diventa più aspra nelle famiglie, con minori, che risiedono nelle aree metropolitane.
A questa descrizione della povertà, va aggiunta quella delle persone straniere, che registra 1 milione e 400 mila poveri assoluti.
Per le famiglie straniere, la criticità e il rischio di scivolare nella povertà diventa più forte nei piccoli comuni del Mezzogiorno e in quelli interni del Nord.
La stragrande maggioranza dei poveri stranieri vive in case in affitto.
Diversa è, invece, la povertà relativa, che si diversifica a seconda della cittadinanza dei componenti della famiglia.
Il 9,7% delle famiglie di soli italiani vive in una situazione di povertà relativa e questo malessere triplica se nelle famiglie c'è almeno uno straniero.
Questi dati mostrano le difficoltà politiche e sociali delle società "ricche", ancora alla ricerca delle giuste misure assistenziali.
Lo sviluppo economico, almeno nei paesi ricchi occidentali, non ha eliminato la povertà.
Gli indici di povertà rivelati sono preoccupanti, anche se schizzeranno verso l'alto nei prossimi anni, a causa dei restringimenti economici imposti dalla pandemia.
I dati dell' ISTAT raccontano una vecchia storia di povertà diffusa e di disuguaglianza sociale e economica, che continua a spingere nelle periferie esistenziali milioni di persone, soprattutto se hanno una diagnosi psichiatrica o etilica.
La povertà resta, ancora, una piaga sociale mondiale.
Per individuare nuove politiche espansive a tutela delle imprese, del lavoro e dell'assistenza, il governo italiano ha chiamato gli economisti a confronto.
Dagli "Stati Generali", voluti dal premier Conte, a quanto pare, è scaturita la solita ricetta economica: aumentare la spesa pubblica con il deficit pubblico.
Con l'aumento del debito pubblico, ci sarà, certo, una nuova liquidità monetaria per sostenere le attività produttive e, forse, i servizi, la scuola e la sanità. Di conseguenza, a breve, il governo attuerà programmi di austerità, che provocheranno una vera crisi sociale con tagli alle pensioni, stipendi, sussidi di disoccupazione e aumento delle tasse.
Le prossime manovre economiche non possono, quindi, non considerare la situazione debitoria dello Stato italiano, che, senz'altro, farà crescere la condizione di povertà degli italiani e minacciare l'attuazione del "regionalismo differenziato".
L'economista Joseph Stigliz, ha scritto: "L'austerità sta contribuendo ad aumentare la disuguaglianza che renderà duratura la debolezza economica e concorrerà inutilmente alla sofferenza dei disoccupati e dei poveri per molti anni a venire".
Una previsione economica preoccupante, quella di Stigliz, che riattualizza la storica domanda del francese Serge Paguam: "Che cosa fa sì che un povero che si trova in una determinata società sia povero e nient'altro che povero?".
A questa domanda potrebbe rispondere il sociologo George Simmel, che studio' il fenomeno della povertà, affermando "che l'assistenza statale che riceve un individuo determina la sua condizione di povero".
A quanto pare, la povertà ritorna ad essere una questione che disturba, "intollerabile per una società globalmente ricca e democratica".
Negli anni Sessanta, il sociologo Oscar Lewis, evidenziava che vivere in questa sottocultura della povertà provocava una certa rassegnazione e determinava rassegnazione.
Allora, come oggi, c'era la necessità di uscire dal circolo vizioso della povertà: riducendola, eliminandola.
A tal proposito, nel 2015 l'ONU ha stabilito di "porre fine alla miseria e alla fame in tutto il mondo da qui al 2030".
Il Forum Econonico Mondiale di Devos, intanto, ha messo in guardia dalla minaccia che la disuguaglianza rappresenta per le economie globali. Mentre l'economista Thomas Piketty descrive i pericoli sociali dell'economia di mercato, Joseph Stiglitz intravede tre soluzioni all'antico problema della povertà: una riforma fiscale per far si che i ricchi contribuissero in modo maggiore, una vera trasparenza del sistema economico per impedire che la povertà provochi sempre più povertà e un percorso libero all'istruzione pubblica per i più poveri, in modo da fornirli almeno le pari opportunità.
La povertà resta, comunque, funzionale ai sistemi sociali umani e le leggi dello Stato hanno, ancora, il fine di controllare gli indigenti, gli accattoni, i poveri, come accadeva nel Regno Unito elisabettiano.
Allora, era il 1534 e le poor laws fecero discutere.
*Sociologo e counselor professionale.
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