di Matteo Notarangelo*
Restano le classi pollaio, anche se la scuola pubblica è in piena emergenza sanitaria. Alcuni giorni fa, il governo ha approvato la manovra finanziaria e nessun parlamentare ha chiesto di ridurre il numero degli studenti per classe. I membri del Governo, dei partiti e dei gruppi parlamentari dicono che la scuola è in sicurezza, anche con le aule affollate di alunni o studenti. In realtà, le classi sono inagibili e molti ragazzi condividono gli spazi ristretti. La scuola continua a essere demolita, pure in piena pandemia, altro che luogo sicuro. A fracassarla sono le scelte ministeriali e una fragile ministra. Ancora una volta, le famiglie e gli studenti sono in piazza e contestano i ritardi dei governi nel rendere possibile il diritto allo studio. In questi giorni, la scuola è un cumulo di macerie. A distanza di un anno dalla comparsa del Covid 19, gli edifici scolastici restano com'erano: inagibili. La volontà politica di aggredire e indebolire la scuola pubblica è manifesta. Chi protesta nelle piazze non lo fa contro altri genitori, altri docenti e altri studenti che non vogliono andare a scuola, bensi contro un governo e una burocrazia di inerti, incapaci di organizzare una scuola in presenza e in sicurezza, dotata di tutti i requisti tecnici e con classi vivibili e praticabili. Per gli studenti, per i docenti e per le famiglie che esigono il diritto allo studio, questa scuola è manipolativa, fatiscente, pericolosa, inadeguata e priva di ogni dispositivo di protezione individuale e collettivo. Il ministero all'Istruzione impone discipline e programmi, riconsiderati e negati di anno in anno, senza alcuna continuità formativa. È una scuola destabilizzata, che non fornisce competenze spendibili nel lavoro globalizzato e competitivo. Le scuole cercano di arginare questo disordine e confusione ministeriale con il tanto lavoro dei docenti malpagati. Le doglianze dei docenti e degli studenti sono richieste semplici e necessarie, ma vengono disattese, filtrate e, spesso, manipolate o taciute dall'informazione di Stato. A scuola prima di tutto, dicono i tanti politici, a cui preme esercitare il controllo sociale con il potere governativo. A scuola, ripetono, per conservare i silenzi, i ritardi di una scuola novecentesca e le nozioni libresche dei secoli passati, che faticano a integrarsi con le nuove conoscenze digitali di questo nuovo tempo storico.
I ritardi
Nelle manifestazioni, gli studenti ripetono quanto denunciato dai loro padri e dai loro nonni: "La scuola va liberata dal vecchiume degli edifici, dalle anticaglie scolastiche e da una nevrotica burocrazia inconcludente". Non accade. Quella burocrazia continua a rubare tempo di vita agli studenti e al personale scolastico con inutili e lucrosi corsi di aggiornamento, che hanno altri fini. Queste strategie burocratiche non aiutono la scuola ad uscire dal Novecento e dai suoi storici ritardi didattici. La scuola delle nuove generazioni vuole comprendere il pensiero dei giganti del passato, del presente per modellare il futuro. E' evidente, negli anni una grossolana classe politica ha distrutto, e poi dimenticato, non solo il sistema scolastico e universitario, ma anche quelli economici e sociali.
La pandemia l'ha svelato e ha mostrato i misfatti arrecati allo Stato e alle comunità sociali dalle classi dirigenti, incapaci di aggiornare i programmi scolastici e di costruire i nuovi luoghi della scuola. Da oltre trent'anni, gente di ogni risma ha signoreggiato nelle aule del potere parlamentare, demolendo competenze, abilità e tanti diritti sociali, a iniziare dal diritto allo studio con l'imposizione feudale del numero chiuso alle facoltà universitarie. Con la tempesta sanitaria, sono esplose le denunciate crepe del sistema scolastico, del servizio sanitario e dei servizi sociali. Mancano medici, infermieri e personale sanitario. Eppure, nessun gruppo parlamentare fa cenno al sistema universitario baronale, che ha impedito di formarli. Dall'insorgere della pandemia, molti semplici cittadini, purtroppo, stanno pagando il cinismo delle sonnacchiose classi politiche di governo. L’influenza da Covid, intanto, spinge il mondo in una nuova era e impone le sue urgenti trasformazioni e i suoi nuovi modelli di interazione didattica, sociale e comportamentale. Dalla comparsa del “nuovo” virus, è trascorso un anno e nulla è cambiato. La medicina scolastica è stata demolita, il medico scolastico è diventato un fantasma del passato e la scuola resta un disastro. In questo scenario, si annida l'antistato.
Lo Stato
La scuola è nel guado. Anche se l’influenza pandemica ha congegnato una visione statica e offuscata della scuola futura, lo Stato sostiene la scuola aperta a tutti, l’istruzione inferiore obbligatoria e gratuita e rimuove ogni tipo di ostacolo. È vero, lo Stato difende i suoi imperativi costituzionali, ma in questa crisi sanitaria non demolisce gli ostacoli che crescono nei suoi organi istituzionali. E’ l’era pandemica. Un tempo attraversato da una nuova rivoluzione antropologica, che sconvolge il mondo della scuola e l'intera società. L'era pandemica è un fenomeno esistenziale che ha già modificato le strutture del modo di vivere degli studenti, delle famiglie, dei docenti e presto travolgera' quella vecchia burocrazia, la quale tiene ingessate le istituzioni della scuola. L'era pandemica mostra un mondo liquido e globalizzato attraversato da un continuo cambiamento. In quest’era, si scorge un diverso e invisibile contropotere che vuole porre fine alla scuola pubblica dello Stato. All’orizzonte, si intravede la società del conflitto di tutti contro tutti e mira ad assalire e ad abbattere la scuola pebblica. Coloro che chiedono di far scuola in sicurezza, non vogliono distruggere la scuola pubblica, bensì far arretrare una burocrazia che in dodici mesi ha fatto poco o nulla per permettere la scuola in presenza.
È evidente, il disordine avvolge il mondo della scuola. Lo scoppio della pandemia mostra l'incapacità del Governo ad offrire una valida soluzione al mondo della scuola e alle comunità. È impensabile che la società della "quarta rivoluzione" non sia capace di individuare una soluzione efficace per lasciare che gli studenti possano continuare a studiare in presenza. Ci sono dei modi per uscire dall'incubo dei contagi e costruire dei luoghi di studio, di lavoro e di cura, puliti e protetti. Per farlo, bisogna seguire la ragione di individui razionali, senza ledere i tre diritti naturali: vita, libertà e proprietà. C'è un uscita dallo stato di paura del virus ed è rispettare i "patti" di uno Stato liberale. È un patto antico che la moltitudine delle persone ha stretto con un potere artificiale: lo Stato. E lo Stato non è solo la forza esercitata nelle contese tra gli uomini, ma anche il garante di un cittadino libero di poter agire. Le tante dicerie e i tanti decreti del Governo sulla scuola, però, non pare che "educhino" la sua popolazione agli imperativi di una legge morale, capace di unire lo Stato e la società con le leggi.
*Sociologo e counselor professionale
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