QUALE EQUITÀ IN UN POZZO NERO CHIAMATO BELPAESE?

QUALE EQUITÀ IN UN POZZO NERO CHIAMATO BELPAESE?

QUALE EQUITÀ IN UN POZZO NERO CHIAMATO BELPAESE?

QUALE EQUITÀ IN UN POZZO NERO CHIAMATO BELPAESE?
 
di Raffaele Vescera
Come in una pellicola che si riavvolge a ritroso, ci balenano, sotto occhi increduli, scene di film horror già visti, in questo stivale d’Europa chiamato Italia. Commedianti urlatori in camicia verde che, con il linguaggio della violenza, dopo aver sparso livore e menzogne contro i meridionali derubati di ogni diritto economico e civile, incitano all’odio razziale, accompagnati da caricature in camicia nera che marciano minacciosi. Beceri cori da stadio contro napoletani e neri, promossi da ultras raccolti in circoli neonazisti, ebrei scampati ai campi di sterminio minacciati di morte, islamici additati come nemici tout court, bambine di colore insultate sugli autobus perché “osano” sedersi al posto “riservato ai padroni bianchi” come nell’Alabama anni Cinquanta, e altre infamie, altrove sanzionate adeguatamente, in Italia fanno parte di un cupo e nebbioso paesaggio disegnato dai professionisti dell’odio e della disparità sociale.
E’ ancora ben marcato il ricordo di quando, pochi anni fa, Salvini voleva riservare i posti a sedere della metro ai soli milanesi, proibendone l'uso ai meridionali, senza che alcun giornale o Tv nazionale stigmatizzasse la carognata, poiché per il sistema del Partito Unico del Nord, che unisce destra, centro e sinistra, i meridionali sono colpevoli e “indifendibili” a prescindere.
 
E’ di questi giorni la battuta di tal Giorgetti, che pur passa come il meno becero della Lega, il quale ha avuto il coraggio di dichiarare che “l’Italia deve essere governata dalla cultura del Nord”. Quale cultura civile di grazia, quella che ha prodotto il militarismo sabaudo che tanti lutti ha arrecato al Sud e alle colonie africane, seguito da guerre, dittatura e leggi razziali? Quale cultura economica, quella dei cumenda arraffoni i quali, in spregio a ogni legge, sono bravi a “rimboccarsi le maniche” per nascondere imbrogli finanziari e colossali tangenti? Quale cultura politica, quella terribile del terrorismo rosso e nero, o quella barbarica del “prima il Nord” che addita i “terroni puzzolenti” come causa di ogni male, oppure quella arrogante del renzismo, spacciatore di liberismo selvaggio, al pari del leghismo, benedetto dalle multinazionali? O, per finire, la cultura di una sinistra “egualitaria” complice nella creazione di diseguaglianze di cui sono vittime venti milioni di cittadini del Mezzogiorno, mentre le Stelle grilline stanno a guardare?
 
Il tutto, mentre ogni giorno dal Sud, nell’indifferenza del sistema Italia, emigrano centinaia di giovani in cerca di fortuna, centoventimila in un anno, due milioni dal 2.000 ad oggi, lasciando un deserto umano utile alla produzione pestifera di petrolio e acciaio, con costi insostenibili di morti, dalla Basilicata, a Taranto, alla Sicilia, nel disprezzo di norme ambientali, aggirate dai governi italiani in nome della “strategia industriale” e dell’occupazione. Di quale strategia del petrolio e del carbone cianciate, se le materie fossili creano solo inquinamento e distruzione ambientale, e se oggi costa meno produrre energia pulita, che già al Sud abbonda, grazie al sole e al vento che non gli mancano? Quale produzione strategica dell’acciaio predicate se costa molto di più mantenere in vita una fabbrica che produce più morti che metallo, con perdite di centinaia di milioni l’anno, cui si sommano i danni ambientali e clinici per altre centinaia di milioni, mentre la sovrapproduzione mondiale dell’acciaio consiglia di chiudere l’ex Ilva, usando quei milioni per assegnare un dignitoso lavoro di bonifica ambientale agli ottomila dipendenti del mostro tarantino come il buonsenso consiglia, rendendo una bella e affascinante città come Taranto finalmente vivibile?
E invece no, vetusti industrialisti, politici, imprenditoriali e sindacali, continuano a difendere, per interessi diversi, l’esistenza del mostro. E’ il perdurare di un’ideologia tardo ottocentesca che accomuna imprenditori e sindacati, come se il mondo debba essere per sempre dominato dalla legge del profitto, sporco, maledetto e subito, ignari e strafottenti dei limiti che la natura impone al pianeta Terra, prossimo alla distruzione operata dall’uomo, il peggiore predatore vivente.
 
Quest’Italia iniqua, che assomiglia sempre più a un pozzo nero, non solo per vecchi simboli nefasti ma anche per petrolio e crimini puteolenti che salgono a galla appestando la nostra antica civiltà mediterranea, è una nazione sorta divisa in cui un abitante nato al Sud ha meno diritti di uno nato al Nord, va riequilibrata con una rivoluzione pacifica che garantisca a tutti i suoi cittadini l’Equità loro negata.

La bandiera strappata sventola sul tetto del comune di Trieste, 7 febbraio 2012. ANSA / ANDREA LASORTE

 
Movimento 24 Agosto

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