Chi conosce la storia delle vicende mediterranee saprà che il 1492 rappresenta l’inizio di
una crisi di portata storica. Da quel momento l’Occidente si accorge che può volgere il suo
interesse all’esterno, a tutto il mondo. Nascono gli imperi coloniali fortemente basati su
potenza e capacità e marittime. Chi riesce ad orientarsi sopravvive, chi non ci riesce declina.
La necessità del mare come mezzo di affermazione è evidente, al punto tale che la Gran
Bretagna diverrà egemone in neanche trecento anni, e la Spagna fallirà solo perché
osteggiata dalla prima. Genova e Venezia già sulla via del tramonto non riusciranno a
sfruttare le opportunità del colonialismo. Il modello non è sbagliato (rispetto a quello misto
marittimo/territoriale anglosassone o spagnolo) e l’incredibile parabola portoghese lo
testimonia. Il problema è che le due potenze marinare italiane sono troppo distanti
dall’oceano, e questo vuol dire essere esclusi da tutto, in termini di geografia.
Il Mediterraneo vivrà un colpo di coda con la vicenda Ottomana che terrà l’attenzione
(storica e religiosa) focalizzata sul Mare Nostrum per 470 anni, circa. Poi arriveranno le due
guerre, e l’assetto cambierà definitivamente, riducendo la vecchia culla occidentale ad uno
specchietto d’acqua utile solo a far passare oleo e gasdotti.
Se il Mediterraneo non tornerà centrale, difficilmente i paesi, che vi si affacciano, potranno
vivere momenti floridi, in futuro. In questo senso due elementi come Suez e la crescita delle
Tigri Asiatiche fanno ben sperare. Un flusso costante di merci passa dal canale egiziano,
transita nelle nostre acque. Questo flusso è prevalentemente orientato verso mercati ancora
ricettivi come il Nordeuropa e le coste orientali dell’America.
Se le economie mediterranee riuscissero ad offrire elementi allettanti agli operatori del
trasporto, potrebbero in qualche modo sfruttare il mare per tornare a navigare serenamente.
Le risorse ci sono. Ci stanno galleggiando davanti al naso anche in questo momento. Il
problema è che non abbiamo nulla da offrire perché parte della ricchezza si fermi da noi.
Che fare allora?
Limitiamoci, per ora, a fare due calcoli. Quantifichiamo il volume d’affari perso dal
Mediterraneo a favore di Rotterdam. Parliamo di c.ca circa 4mld di euro
https://www.raiplay.it/video/2018/05/Report-21052018-Dentro-la-mappa-e043506e-
74f1-4273-a4c0-44cf6278cb90.html )
Per combattere coi cugini olandesi, abbiamo bisogno di una serie di infrastrutture che
rendano erogabili i servizi capaci di attrarre gli armatori. Tra le miriadi di parametri da
configurare c’è, naturalmente, quello della lunghezza delle banchine che è estremamente
indicativo (ma EVIDENTEMENTE non l’unico).
Lo scalo Orange può contare su non meno di 40 Km di cemento, mentre per quanto riguarda
tra i porti meridionali candidabili abbiamo Taranto con 5.3 Km, Gioia Tauro con 3.4Km ed
Augusta con 9Km (pianificati). In questo ipotetico quadrangolare, l’Olanda vincerebbe
agevolmente ogni match, lasciando alle contendenti poche briciole. Che speranze abbiamo,
dunque?
Innanzitutto mettiamoci in testa che il traffico non andrebbe convogliato interamente sulle
nostre coste, ma parzialmente assorbito. Con gli incrementi del traffico previsti (e Covid
permettendo) ci sarebbe modo di trattare una quota consistente SENZA intaccare i volumi
attualmente diretti in Olanda. In secondo luogo dobbiamo realizzare che fronteggiare
separatamente l’avversario è sconveniente. Un sistema integrato arriverebbe poco meno di
18 Km che rispetto a 40 rimangono pochi, ma non pochissimi.
Questa la soluzione, ma per perseguirla la politica nostrana dovrebbe capire una cosa che
sembra sfuggirle da sempre: l’interesse locale è una merce nobilissima per lo scambio
elettorale. Non si può pensare di porre a sistema un territorio se chi lo amministra ha
interessi ESCLUSIVAMENTE lontani da esso.
Q u a n d o v e n n e p r e s e n t a t o i l p r o g e t t o “ O n e b e l t , o n e r o a d ” (
https://it.wikipedia.org/wiki/Nuova_via_della_seta ) i nostri delegati in Cina sembrava fossero
stati spediti da Trieste e non da Roma, visto che si parlò solo dello scalo Adriatico. Favorire
un porto periferico ad uno centrale è indice della vocazione mitteleuropea del governo
italiano. Un’assurdità per un paese con uno sviluppo costiero di 7.456Km. Chi, come noi,
vive in mezzo ad un mare così ricco, dovrebbe orientare il proprio focus sull’acqua
salata e non su birra e bretzel (anche se chi scrive gradisce moltissimo).
Il processo di riappropriazione della centralità politica e tematica non sarà semplice,
e pur nel tentativo di evitare egoismi, non mancheranno i passaggi delicati.
Bisognerà essere leali con l’avversario e solidali con gli altri territori, perché a Sud
non esiste nessuna Pontida. Bisognerà esercitare l’arte del “proprio sano interesse”.
Oltre a questo, sarà fondamentale prendere coscienza della località dell’interesse
stesso, ed evitare che elementi esterni e non titolati possano inquinare il dibattito.
L’esempio più scottante è il Ponte sullo Stretto. Argomento delicato, capace di
infiammare molti dibattiti su tematiche scientifiche, economiche, ecologistiche e
sociali.
Per arrivare all’appuntamento con quasi 20 Km di banchine è necessario che i tre
porti abbiano una continuità territoriale fluida, ed a questo punto prescindere dal
ponte ci sembra difficile, se non impossibile. Il dibattito nel movimento è aperto,
come è naturale che sia. Sarebbe meno naturale che durante la discussione di un
piano infrastrutturale per il sud fossero coinvolte sensibilità aliene, ancorché
favorevoli all’una o all’altra parte. La commissione trasporti di M24A è naturalmente
a favore e pronta ad argomentare. Lasciate, però, che il dibattito sul sud e per il sud
non venga polarizzato da altri. Vorremmo evitare di incassare i favori
dell’imprenditore brianzolo o la critica dell’ecologista toscano. Preferiremmo i nostri e
non ce ne vogliano i nostri amici, per questa volta, esclusi.
La politica mediterranea deve avere il coraggio d’essere disputata nelle piazze mediterranee. Nessun gradito ospite verrà cacciato ma a dibattere vorremmo essere, per la prima volta, noi meridionali.
Commissione trasporti M24A-ET
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