di Paolo Mandoliti *
L’economia, dopo la pandemia, deve ripartire: costi quel che costi, altrimenti il dubbio dell’esistenza di uno Stato diventa certezza. E deve ripartire dal Mezzogiorno!
La situazione post pandemia teorizzata diventa una certezza poiché evidenzierà in tutta la sua crudezza l’enorme debito pubblico al quale l’Italia dovrà fare fronte. Si calcola superiore al 160% sul PIL (ovvero circa 2600 miliardi di Euro)!!!
Una cifra monstre garantita dai titoli che gli investitori (privati, banche e/o assicurazioni, società estere) acquistano in cambio di interessi più o meno consistenti in funzione del grado di sostenibilità del debito stesso. E che a noi contribuenti ci fanno pagare sottoforma di riduzione delle spese e/o aumento delle imposte.
Per sostenere questo enorme debito pubblico è necessaria una politica competente e lungimirante accoppiando politiche fiscali volte all’equità, alla progressività ed alla generalità (operando nel concreto alla lotta all’evasione fiscale) a politiche economiche e industriali che ri-pensino in modo totalmente nuovo ad un rilancio della produttività nazionale.
Produttività che ormai è in decrescita costante dal 2000 in poi e sempre sotto il livello di crescita del PIL europeo: occorre quindi una diversa impostazione delle politiche economiche/industriali attuate negli ultimi anni con una visione nuova dello Stato (magari a partire dalla revisione del Titolo V della Costituzione, e dei 21 centri di spesa generatori di velleitarie ambizioni autonomistiche/secessionistiche che si sono rivelate le Regioni!) che si faccia parte attiva dell’economia e non come parte riparatrice di molte cose che per anni non hanno funzionato.
E magari, con una lungimiranza senza precedenti (tranne la prima fase della Cassa per il Mezzogiorno – fino, appunto, alla nascita delle Regioni) guardare al Mezzogiorno in maniera diversa, iniziando a restituirgli ciò che per anni la “spesa storica” gli ha sottratto (60 miliardi all’anno), l’applicazione puntuale e ancora non attuata della “clausola del 34%” degli investimenti pubblici e delle IPN (pensiamo per esempio a Ferrovie dello Stato, Rai, ecc.) per dotarlo delle infrastrutture necessarie a metterlo al pari di quelle del centro-nord.
Tutto ciò perché come ormai è opinione comune di molti economisti, la ripartenza da Sud farà bene a tutto il Paese poiché stimolerà quello che è stato definito “interdipendenza economica” tra le due macro-aree del Paese (forniture di macchinari e attrezzature dal nord, per esempio) in maniera tale da far crescere la competitività delle imprese italiane, delle filiere, per accrescere la produttività nazionale e ridurre gli “interventi di emergenza”.
*Direttivo Nazionale M24A-ET
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