Di Maria Fabbricatore
La scorsa settimana Matteo Salvini parlando dal palco di "Roma torna Capitale" organizzato dalla Lega al Palazzo dei Congressi a proposito dell'affollamento dei pronto soccorsi ha detto: "Ci sono immigrati che hanno scambiato i pronto soccorsi per l’anticamera di casa. Delle infermiere del pronto soccorso di Milano mi hanno segnalato che ci sono delle donne, né di Roma né di Milano, che si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza. Non entro nel merito di una scelta che compete solo alla donna. Non è compito mio né dello Stato dare lezioni di morale o di etica a chiunque, è giusto che sia la donna a scegliere per sé e per la sua vita. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile".
Salvini afferma che non spetta a lui entrare nel merito delle scelte della donna, però lo scorso anno partecipava come ospite d’onore al Congresso delle famiglie di Verona, manifestazione dichiaratamente anti abortista, antifemminista e anti LGBTQI e non ha mai nascosto la sua vicinanza agli ambienti pro life. Nonostante ciò, Salvini si è sempre tenuto a distanza dalla questione dell’Ivg, rilasciando sempre dichiarazioni vaghe e contraddittorie. La sensazione è che Salvini, pur dimostrandosi vicinissimo agli ambienti tradizionalisti, sia del tutto consapevole che sia meglio non toccare temi sensibili come questi. Ma dimostra di non avere competenze sull’iter e le procedure dell’ivg e sulla condizione femminile in Italia. Questo atteggiamento è ancora più insidioso perché finisce col demonizzare una pratica che è garantita per legge, colpevolizza il genere femminile e aumenta la disinformazione.
Bisogna chiarire innanzitutto che l'interruzione di gravidanza volontaria non si fa in pronto soccorso. Secondo la legge 194/78, la donna deve presentare un certificato di gravidanza, seguito da un colloquio con un medico, che è tenuto per legge a rendere consapevole la paziente delle possibili alternative all'aborto e a metterla a conoscenza dei suoi diritti qualora decida di portare avanti la gravidanza. La paziente ha poi a disposizione sette giorni per decidere. E solo dopo il medico rilascia un certificato che attesta l'avvenuto colloquio e a quel punto si può procedere con l'interruzione di gravidanza chirurgica o farmacologica. Anche le donne straniere senza permesso di soggiorno possono accedere al servizio sanitario, in maniera anonima e senza esibire un documento di identità. Per la pillola del giorno dopo può essere richiesta semplicemente in farmacia, quindi non è necessario il passaggio al pronto soccorso.
Perchè dunque Matteo Salvini parla di “donne che affollano il pronto soccorso per abortire”? che cosa vuol dire? il pronto soccorso non è il luogo in cui si svolge l’Interruzione volontaria di gravidanza, che come abbiamo detto si svolge su più appuntamenti, si deve prima ottenere un certificato medico che certo non rilascerà il medico di pronto soccorso. Forse Salvini si stava riferendo alla contraccezione di emergenza, ma non solo non si tratta di un metodo abortivo, per la quale, tra l’altro, non serve nessuna prescrizione medica per le maggiorenni.
La presidente dell'associazione Vita di Donna, Elisabetta Canitano, ginecologa e per la tutela della salute femminile, ha replicato su Facebook alle affermazioni di Salvini, dalla questione dei pronto soccorso ai cosiddetti "stili di vita incivili", portando la propria esperienza: “ (Le donne che) vanno in pronto soccorso a chiedere di abortire non sono tante, ma esistono, certo che esistono (...) Esistono… e vengono mandate via, fra l'altro, qualche volta con qualche informazione in più, qualche volta via e basta.
“Sono italiane a cui nessuno ha mai detto che esistono i Consultori familiari, disabituate a credere che la sanità pubblica esista e funzioni. Sono Straniere che hanno perso il lavoro e con esso la nostra assistenza. Si buttano al Pronto Soccorso in preda alla paura, all'ansia, non sapendo dove andare, non trovando altro accesso alla sanità pubblica, chiedendo di essere 'soccorse'. In un paese civile ci domanderemmo tutti dov'è la difficoltà per loro ad accedere ai servizi, come intercettarle, come aiutarle”
Secondo l’ultima relazione del ministero della Salute sull’attuazione della legge 194/78, presentata il 31 dicembre 2018 e riferita ai dati del 2017, le interruzioni di gravidanza sono in calo. Dal 1982, anno in cui si è registrato il numero massimo di aborti nel nostro Paese, sono diminuite del 65,6%.
Dovremmo suggerire a Salvini uno stile di vita più serio nella lettura della nostra società, che può vantare una delle leggi, la 194/78, tra le più civili al mondo, che ha reso le donne di questo paese più consapevoli e libere di scegliere della propria salute e del proprio corpo.
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