di Antonio Picariello*
Bisognerà scomodare davvero Antonio Albanese, per dare un senso al discorso programmatico di Draghi in Senato, nonché alla sua replica. Un discorso che va bene a tutti perché tanto reversibile ed adeguabile ad ogni necessità quanto sterile, generico e pregiudizievole. Ognuno ha potuto cogliere nelle sue parole quello che gli fa più comodo: l’unità nazionale, l’atlantismo, l’europeismo, la lotta alla criminalità e all’evasione fiscale. Draghi ha detto tutto e niente. Ma in particolare ha detto tutto ai bravi (loro) e niente ai cattivi (noi).
Quello che sto per scrivere, il Professore lo sa bene e nessuno potrebbe spiegarlo meglio di lui. Il problema è convincersene.
Sa bene infatti, Draghi, che il mancato sviluppo del Mezzogiorno è naturale conseguenza delle scelte operate da una classe dirigente nordica che ha dettato ed indirizzato la politica economica a suo favore coadiuvata da un’informazione diffamatoria e discriminatoria. Ciò nonostante, nella sua replica al Senato, il Presidente del Consiglio ribadisce lo stereotipo sostenuto nella mattinata: al Mezzogiorno occorrono legalità e sicurezza per costruire benessere e crescita. Senza legalità e sicurezza crescere è molto difficile.
No, caro Draghi, crescere è molto difficile in assenza di infrastrutture e investimenti. È la prima cosa che si studia nelle facoltà di Economia, la prima condizione necessaria riportata da tutti i testi universitari: per crescere occorre essere collegati. La criminalità la si combatte creando lavoro che le sottrae manovalanza, specialmente tra i giovani. E per creare lavoro occorre fornire i territori di infrastrutture adeguate tali da favorirne lo sviluppo del tessuto imprenditoriale pubblico e privato e, al contempo, valorizzandone le eccellenze e creandone di nuove.
Come si può davvero pensare di attrarre capitali d’investimento a Mezzogiorno senza collegamenti moderni via aria, terra e mare? Chi investirebbe un euro in un territorio dove le banche emettono prestiti e mutui ad interessi più alti rispetto al Nord? È così che la criminalità trova spazio ed impedisce la legalità, lo sviluppo e la crescita attraverso la disperazione della gente.
La conclusione che se ne trae, allora, è che lo sviluppo del Mezzogiorno non è nei piani di questo governo, come non lo è stato in quelli dei precedenti. Lo si evince in particolar modo dalla malcelata inclinazione dei suoi ministri a non considerarlo un’occasione di ripresa generale per il Paese. Si continua sulla inflazionata quanto distruttiva teoria della locomotiva complementare a quella del Sud criminale.
Un refrain che pare siamo destinati a riascoltare ancora molte volte, almeno quante saranno quelle nelle quali si ripeterà che il Sud deve imparare a spendere bene i soldi ed avere una classe dirigente all’altezza. Luoghi comuni, signor Presidente, adottati con il malcelato scopo di relegare la nostra terra a mero ricettacolo per raffinerie, acciaierie, rifiuti tossici e nucleari, oltre che a serbatoio di manodopera e cervelli per il Pil nordico. Neanche più mercato di consumo, vista la sua povertà.
L’attuale condizione del Sud è figlia del pregiudizio ancestrale per il quale laddove vi vengano spese risorse, queste siano sottratte al Nord. È lo stesso pregiudizio per il quale in questo paese esiste la spesa storica, ma non esistono i LEP, per il quale i fondi di perequazione al Sud vengono corrisposti solo in misura del 45,8% (Giorgetti, un suo ministro, docet) e per il quale i soldi dei fondi strutturali vengono utilizzati per sostituire quelli ordinari che finiscono al Centro-Nord.
Questa visione, questa filosofia di paese, è quella prevalente e predominante e tutte le volte che si è minimamente tentato di scardinarla, i potentati hanno rimesso immediatamente le cose al loro posto.
Il suo discorso al Senato, egregio Professore, è figlio di questa visione distorta del Mezzogiorno che a sua volta è figlia di un secolare lavaggio del cervello mediatico. Lei ne è, fino a prova contraria, solo l’ennesima vittima!
*M24A ET - Campania
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